GIOVANNA SONNINO


Strike a light “Con pochi soldi e molta solidarietà. Con 28 uomini disposti a citare classici della misoginia e 11 donne disposte a citare a memoria un copione metabolizzato da una vita. E il mio film finisce, con una richiesta che potrebbe essere un desiderio/avvertimento/minaccia: non costringeteci a diventare tutte lesbiche”. Così la siciliana Giovanna Sonnino presenta il suo Strike a light (sottotitolo Cuore), prodotto da Cat Del Buono (Usa) e Giovanna Brogna (Italia), che inaugurerà il concorso lungometraggi all’Europacinema/Viareggio Film Festival.
Sonnino prima ancora che regista è fotografa, autrice di mostre personali e collettive, nonché di numerosi documentari, alcuni dei quali per RaiSatArt, Rai Videosapere e per Rai Educational. Ha realizzato il lungometraggio Non è romantico, vincitore del MessinaFilmFestival 1995 e con il corto Rimedi contro l’amore ha vinto a Roma nel ‘99 la sezione Concorto Arcipelago.

Strike a light è un monologo a più voci, come è nata l’idea?
Mi interessava approfondire il rapporto tra i due sessi. Certo gli uomini sono strani, o sono strane le aspettative di entrambi i sessi. Forse il film vuole dare dei suggerimenti agli uomini perché possano capire le donne. E allora 20 anni di avventure sessual-sentimentali di una donna raccontate anziché da una sola protagonista, da 11 donne, alla ricerca dell’uomo giusto. Ho voluto donne di età e di razze diverse e con loro ho lavorato 3 settimane registrando le loro storie.

E poi ci sono queste brevi apparizioni maschili che recitano frasi misogine di uomini importanti…
Strike a light Da Aristotele a Mik Jagger, passando per Maometto, Leone Tolstoj, il marchese De Sade, Ernest Hemingway, Charles Baudelaire e Sigmund Freud. Agli uomini incontrati per la strada sottoponevo una lista di frasi misogine tra cui scegliere quella a loro più congeniale da ripetere davanti alla telecamera. Mi è stata sufficiente una settimana di lavorazione.

Perché ha scelto di girare negli Stati Uniti e dunque in lingua inglese?
Prima dell’11 settembre New York era una città aperta, curiosa, disponibile, in uno stato di grazia che ora non c’è più. Non volevo poi ripetere l’esperienza di Rimedi e avere più possibilità di vendita con una docu-fiction in lingua inglese, anche perché ho trovato tante difficoltà a lavorare in Italia.

Hai lavorato in digitale?
Strike a light Ho cercato di lavorare a basso costo, acquistando una telecamera digitale e un sistema di montaggio. Il digitale consente autonomia e indipendenza artistica, permettendoti di realizzare subito quello che hai in mente. E soprattutto ti offre assoluta libertà nelle riprese, cogliendo subito i suggerimenti, le occasioni che la realtà esterna ti presenta. Non c’è più bisogno di ragionare e riflettere a lungo a tavolino. E poi c’è quella imperfezione che si trasforma in una qualità artistica.

E quel finale come lo spiega?
Dopo una serie di incontri/scontri con uomini, con un’unica caratteristica quella di non essere adeguati a lei, alla protagonista non rimane che tentare una nuova strada: perché non provare con una donna?

autore
26 Novembre 2001

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