Giovanna Ralli: “Sono la nonna di Jasmine Trinca” nel suo film biografico

Giovanna Ralli: “Sono la nonna di Jasmine Trinca” nel suo film biografico


LECCE – “Ho un’età avanzata, 70 anni di carriera sono tantissimi, ho fatto un centinaio di personaggi e essere qui mi rende felice”, con queste parole Giovanna Ralli, 86 anni, ha abbracciato il Festival del Cinema Europeo di Lecce, che la celebra in questa edizione come Protagonista del Cinema Italiano (quello del Cinema Europeo è stato István Szabóleggi articolo) e la onora con il conferimento dell’Ulivo d’Oro alla Carriera

La signora Ralli, che nel cinema ha esordito bambina, quando nel periodo bellico inizia a recitare a soli sei anni, per contribuire al sostegno di quella famiglia in cui era nata all’inizio dell’anno 1935 a “Testaccio, un quartiere popolare di Roma; poi, quando vivevamo a via Tirso, abitava sopra di me Massimo Girotti: avevo 10 anni, e quando lo vedevo arrivare, dalla finestra, mettevo i tacchi di mamma e aspettavo l’ascensore per incontrarlo. A distanza di anni ci siamo incontrati, se lo ricordava”. 

Giovanna Ralli tiene ad affermare: “Io non recito, non mi piace recitare, mi piace interpretare il personaggio: la magia del cinema è che io feci delle comparse – La maestrina (1942) di Giorgio Bianchi e I bambini ci guardano (1943) di Vittorio De Sica, per cui ero una bambina al giardinetto, e chi avrebbe detto che dopo 10 anni sarei stata protagonista?”, riferendosi all’esordio nella trilogia de La Famiglia Passaguai, diretta da Aldo Fabrizi, in cui lei era la figlia Marcella. “Non ho studiato perché ho cominciato a lavorare a 16 anni, ma i grandi registi mi hanno aiutata molto, facendomi molto leggere grandi libri. Non ho mai vissuto una vita con i miei coetanei, ma con persone di almeno trent’anni più di me: gli amici che ho avuto non ci sono più, e questo mi manca molto”. 

Il talento della signora Ralli abita nella sua plasticità mimica e emotiva, che le ha permesso di interpretare sia ruoli drammatici che di commedia, “l’arte più difficile perché richiede introspezione e profondità, che non è da tutti”, come ricorda Gianluca Farinelli, direttore della Cineteca di Bologna, qui a Lecce per parlare di lei e della sua carriera. 

Per i tre titoli con Aldo Fabrizi, dapprima “avevo 16 anni, praticamente non parlavo, ma ero prorompente: Fabrizi è stato il mio grande maestro e mi fa piacere il film sia stato straordinario”. Il titolo, insieme ad altri capisaldi – da Villa Borghese e Era notte a Roma – sono nel programma di queste giornate del Festival, come retrospettiva celebrativa dell’attrice.

Sono la schietta umanità e il contagioso entusiasmo, palpabili nell’incontrare Giovanna Ralli, che le permettono anche di affermare che “Elide (Catenacci, la moglie di Gianni – Vittorio Gassman) di C’eravamo tanto amati è il mio personaggio del cuore e il film è sicuramente il più bello di Scola: un film straordinario, voglio molto bene a Scola e a tutte le persone che mi hanno fatta crescere”, cosa che – in senso quasi “letterale” – è stata così con Vittorio De Sica, che dopo averla diretta bambina-comparsa, ha recitato al suo fianco ne Il generale della Rovere (1959) di Roberto Rossellini: “C’era la scena drammatica dell’interrogatorio della Gestapo: De Sica mi disse di pensare come se lui fosse mio padre, e Rossellini pian piano si avvicinò per chiedermi cosa l’altro m’avesse suggerito. Dopo averla girata, De Sica mi disse: ‘hai visto come sei stata brava?’. Il film è stato girato in 35gg, e vinse Il Leone d’Oro ex aequo con La grande guerra”, ricorda l’attrice. 

I nomi che hanno scritto la grande Storia del nostro Cinema appartengono a quella di Giovanni Ralli che ricorda come “con Sordi, eravamo in sintonia: io rispondevo a tono alle battute, senza permettermi di aggiungere, perché avevo rispetto, senza prevaricare”, Poi, con Sergio Amidei, “più che una relazione, lui mi amava, ma io amavo Zurlini da Le ragazze di San Frediano (1955), e questa cosa mi condizionò la vita, lui era sposato, poi lasciò la moglie, ma la mia famiglia era molto cattolica. La mia fortuna è stata lavorare con autori irripetibili, da Age e Scarpelli in poi. Oggi, amo Sorrentino, Bellocchio, senza bisogno di essere retorica sul fatto che sia stato migliore il passato del presente, perché ogni cinema appartiene al proprio tempo: anche quello di oggi fa belle cose, ho visto Si vive una volta sola di Verdone sul grande schermo, esperienza che non accadeva da tempo, è stato stupendo e Carlo emoziona”. 

Così come “Carlo” fu anche Lizzani, autore de La vita agra (1964): “è stato un film con critiche bellissime, con Tognazzi eravamo molto affiatati; il film fu restaurato e facemmo una tournée pazzesca: lì con Carlo siamo diventati molto molto amici, mi ha confidato cose personali; prima che succedesse la sua fine, l’avevo visto 15 giorni addietro, dalle parti di Cola di Rienzo a Roma, camminava con la moglie per mano, non l’ho chiamato perché non ho voluto disturbarli…”. 

Stesso anno – il 1964 – anche per La fuga di Paolo Spinola, in cui Ralli era Piera, accanto ad Anouk Aimée, film che valse alla nostra il suo primo Nastro d’Argento e per cui, ricorda, “Mi cambiarono totalmente: una donna raffinata, elegante, borghese. Un film che ho fatto amandolo moltissimo”.

Mentre, appena prima, anno 1962, era stata nientemeno che Virginia De Leyva ne La monaca di Monza di Carmine Gallone: “Una sfida! Gallone comprò i diritti e Visconti voleva fare il film con la Loren, ma io non sapevo nulla, e lo feci Visconti s’incavolò ma… i diritti non li aveva presi!”.  

Nella carriera della signora anche l’America, particolarmente con Blake Edwards – per cui lei fu Rosa Romano in What Did You Do in the War, Daddy? (1966): “Esperienza bellissima, sono stata ricevuta con il tappeto rosso. Ero coccolata, amata”. Mentre a Los Angeles, “nella hall di un hotel a Beverly Hills, scendo e vedo Mimmo Modugno, così lo invito con Omar Sharif e Barbara Streisand, con cui uscivo a cena: lui, al rientro, ci invitò nella sua suite e suonò Meraviglioso, con Barbara che la cantò e lui mi disse ‘Andrà a Sanremo’, dove non fu presa… È stata una serata unica”. 

Il tempo dopo l’esperienza statunitense ha compreso anche il tener a battesimo artisticamente Renato Pozzetto in Per amare Ofelia di Flavio Mogherini (1974), di cui Giovanna Ralli però dice: “Non l’ho più rivisto (Pozzetto), non mi ha mai nominata, non mi ha mai cercata: scusate se lo dico, forse sarebbe meglio non dirlo, ma a me è dispiaciuto”. 

Da allora – con continuità e intermittenze – la carriera della signora Ralli sul grande schermo è continuata, con l’ultima presenza diretta da Pupi Avati in Un ragazzo d’oro, nel 2014 ma, proprio quest’anno, è tornata sul set: “Ho lavorato quest’estate su un film diretto da Jasmine Trinca, una bravissima attrice, altrettanto regista: dopo Avati, non ho lavorato per 8 anni, ma per questo ruolo ho detto sì. È una storia autobiografica, perché Jasmine ha perso il papà a un anno e mezzo, e io faccio la nonna che cresce la bambina. Ci sono altri grandi attori, come Alba Rohrwacher”, anticipa Ralli, senza voler però dire di più, per lasciare alla sua autrice il debutto dell’opera.

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