Dal set del kolossal di Mike Newell L’amore ai tempi del colera al piccolo film italiano L’amore non basta, opera terza del trentatreenne Stefano Chiantini, girato in cinque settimane in Abruzzo accanto ad Alessandro Tiberi, Rocco Papaleo, Ivan Franek, Marit Nissen e Alessandro Haber. Per Giovanna Mezzogiorno il salto non è stato piccolo, se si pensa, oltretutto, che subito dopo è arrivato Wim Wenders con Palermo Shooting – attualmente al missaggio e papabile per il Festival di Cannes – e tra poco sarà sul set di Marco Bellocchio nei panni di Ida Dalser, la moglie segreta di Mussolini. In L’amore non basta – che sarà in circa 100 sale dal 18 aprile con Mediafilm – Giovanna Mezzogiorno è Martina, hostess svagata che non riesce a star dietro al lavoro, agli hobby, all’università e nemmeno all’amore per Angelo (Alessandro Tiberi), giovane scrittore che vive sospeso a metà tra la realtà e la fantasia, territorio in cui è sempre accompagnato da Nicola (Rocco Papaleo), una sorta di guida spirituale. Una storia poco convenzionale, che sfugge ai tradizionali meccanismi narrativi e galleggia in un clima di continua sospensione, tra arresti e ripartenze, come quelle della storia d’amore tra Angelo e Martina.
Cosa l’ha convinta ad accettare questo ruolo così insolito in un piccolo film italiano dopo la recente esperienza internazionale?
Mi sono avvicinata al film tramite Rocco Papaleo, che è amico del regista e coautore della storia: mi ha voluto incontrare per raccontarmi questa storia, ma non ci ho capito nulla… Poi quando ho letto la sceneggiatura mi sono innamorata della storia perché non prende mai una strada decisa, tocca molte cose ma con rispetto. Gli avvenimenti non sono controllati e gestiti da nessuno, semplicemente scorrono e vivono di vita propria. E poi ho avuto da subito un grande feeling con Stefano Chiantini: per me è fondamentale entrare in contatto con le persone, oltre che con le storie.
Quali sono state le differenze più grandi nel passaggio da L’amore ai tempi del colera a L’amore non basta?
Questo film è importante perché è stato il primo lavoro italiano dopo l’esperienza con Mike Newell. Il passaggio dalla enorme macchina produttiva e organizzativa americana a un’opera nazionale a basso budget è stato molto forte. Ma per me è importante scegliere in base a ciò che mi piace e fare cose diverse tra loro. L’amore non basta è stata una boccata d’ossigeno dopo il kolossal statunitense. E comunque non bisogna pensare che un grosso film sia più difficile da recitare di un piccolo film come questo, anzi: qui ci sono scene molto delicate, fatte di equilibrismi.
E’ d’accordo con l’idea del film, secondo cui L’amore non basta?
Abbastanza. L’amore da solo non è sufficiente, ci vuole anche equilibrio, rispetto, il giusto spazio. Bisogna anche difenderlo, proteggere al massimo le storie prima di farle finire, a volte ci si lascia pur amandosi ancora. A me è capitato spesso di amare essendo infelice.
Tra poco sarà Ida Dalser per Marco Bellocchio. Cosa le ha chiesto il regista?
Non posso dire nulla di Vincere perché ho firmato un contratto con obbligo di riservatezza, non so nemmeno quando inizieranno le riprese. Ma sono felice e onorata di essere stata scelta da Bellocchio per il ruolo, e prevedo che sarà un lavoro molto faticoso, lungo e difficile.
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