Giovanna Gagliardo


Giovanna Gagliardo La documentarista Giovanna Gagliardo torna a esplorare il mondo delle donne in Italia alla 63/a Mostra di Venezia con il seguito dell’apprezzato documentario Bellissime, un’indagine sulle figure femminili chiave e gli eventi che hanno cambiato il destino delle donne del XX secolo, attraverso un montaggio di interviste inedite e materiali d’archivio. Bellissime seconda parte. Dal 1960 a oggi dalla parte di Lei, prodotto da Rai Cinema e Rai Teche in collaborazione con l’Istituto Luce (distribuisce 01), è stato selezionato nella sezione Orizzonti. Ne abbiamo parlato con l’autrice.

Le fa piacere essere in competizione nella sezione Orizzonti?
Mi fa piacere perché ho lavorato con passione a questo documentario, con la passione che avrei messo in un film. È un lavoro di montaggio, con molto materiale d’archivio, ma è bello che sia considerato un film a tutti gli effetti.

Anche la prima parte, “Bellissime”, aveva debuttato a Venezia.
Sì, nella sezione Venezia Digitale due anni fa con un buon esito, tanto che la Rai l’ha acquistato per trasmetterlo. Il primo capitolo si fermava, a un certo punto della storia italiana, perché i materiali dell’Istituto Luce diminuivano con la nascita della televisione. Così Rai Cinema mi ha proposto di usare materiali dell’archivio Rai dagli anni ’70 per chiudere il secolo. Ecco come è nato il secondo capitolo, ma in pratica si tratta dello stesso film, con una seconda parte che arriva ai giorni nostri.

Lo stile resta lo stesso, con la scelta di alcune figure femminili centrali nella storia italiana?
Infatti è così. Anche stavolta ho intervistato alcune protagoniste: per gli anni ’70 Tina Anselmi, la prima donna entrata a far parte di un governo, come ministro del Lavoro. Ho intervistato anche la vedova Calabresi, l’ispettore ucciso nel 1972, che parla di quegli anni da un punto di vista molto personale, privato. Ho parlato con Susanna Agnelli e una giovane donna, Barbara Contini, governatore di Nassiriya dopo Saddam. Ho fatto una lunga intervista con Emma Bonino, che parla della sua esperienza del mondo arabo: uno passaggio fondamentale. Insomma, la struttura è la stessa. Ma i materiali vengono dalla televisione e dunque sono molto diversi da quelli del Luce, sia dal punto di vista tecnico che stilistico. Sono più reali, meno artefatti. Anche il montaggio è diverso, più frenetico e rapido. Ci sono più di 3.000 scene in tre ore di film, una cosa enorme.

Personalmente e come donna, cosa la colpisce in particolare in questo ritratto delle donne del XX secolo?
Ho vissuto personalmente molte delle esperienze che vengono raccontate, soprattutto il movimento femminista degli anni ’70/80. Ma dando uno sguardo d’insieme, colpisce soprattutto l’enorme lavoro che le donne hanno compiuto in questi anni. Oggi le donne danno un po’ per scontati i diritti che sono stati così faticosamente conquistati; spero che il film aiuti le più giovani a capire quali battaglie sono state necessarie per arrivare a questo punto. Nel 1965, per esempio, fu approvata una legge che impediva di licenziare una donna quando si sposava: una ragazza che era con noi in sala di montaggio, vedendo questa scena è letteralmente saltata sulla sedia. “Veramente ti potevano cacciare se ti sposavi?” Quella è stata una grande vittoria per le donne e risale ad appena quarant’anni fa. Ma non bisogna dimenticare la parità salariale, il diritto al divorzio e all’aborto: avere degli strumenti legislativi per difendersi aiuta. Un tempo le ragazze stuprate tacevano, mentre oggi trovano il coraggio di parlare e rischiare lo scandalo perché non si sentono più sole.

Quale sarà il suo prossimo impegno?
Non credo che faremo “Bellissime 3”, almeno per il momento! Ma ho scoperto che amo il documentario. È molto bello lavorare con materiali altrui e manipolarli (nel senso positivo del termine) per raccontare una tua storia. Ti affezioni a questi uomini e donne, anche se non li hai mai incontrati, diventano quasi dei parenti perché ce li hai davanti agli occhi per due anni.  

autore
25 Luglio 2006

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