Giorgio Pasotti


Mens sana in corpore sano. Giorgio Pasotti ha la brillante qualità del tempo antico. Un golden boy, se lo vedeste per la strada vi entusiasmereste per la sua solare giovinezza. Oltre alla presenza, infatti, Giorgio porta con sé un bagaglio di esperienze e un’intelligenza viva. Che per un cinema alla ricerca della contemporaneità perduta, quale è quello italiano, non possono che essere benvenute.
Da Milano a Pechino, da Los Angeles a Roma, Pasotti ha compiuto sorprendenti percorsi sfasati, è stato Il ragazzo del kimono d’oro ha duettato con Chow Yun-Fat, è stato frullato dalla MTV generation, per cui ha condotto “Cinematic”. Ha recitato di fianco alla grazia di Michelle Hutzinker, è transitato al Piccolo di Milano, in una pièce diretta da Robert Lepage dove recita con “er pisello de fori”, come dice Gabriele Muccino, che lo ha diretto due volte, in Ecco fatto e nell’Ultimo Bacio, che sta per uscire nelle sale.

Quanti anni hai?

Ventisette.

E sei stato in Cina…?

A diciannove anni avevo finito il liceo e non mi andava di fare l’università a Milano perché era incasinata. Io ho sempre praticato arti marziali, fin da bambino. In Cina è considerato sport nazionale. Un amico mi disse che a Pechino c’era un’università sportiva che veniva riconosciuta ovunque. Ho saltato il militare simulando di avere una fortissima asma allergica e sono andato a Pechino dove ho superato l’esame della commissione. Stavo in campus a venti chilometri dalla città, c’era un regime militaresco: sveglia alle 5:30, adunata e conteggio alle 6:30; poi fino alle 7 si correva. Tutti, tutti!

Quanti erano i non cinesi?

Tre europei, qualche sudamericano e molti africani.

Come ti sentivi? Rispetto alla tua identità?

I primi venti giorni non ho neanche disfatto le valigie. Volevo tornare ogni giorno. Una vita durissima. Dalle 7 del mattino al tramonto sempre fuori. Alle 9 ti toglievano la luce… Il coraggio è stato non tanto partire ma restare… e poi ho imparato il cinese, dopo un mese ho cominciato a comunicare, ad avere amici, a capire i costumi dei cinesi e a non giudicarli a priori…

Dopo un’esperienza del genere senti una sorta di differenza del tuo pensiero rispetto al pensiero corrente, qui in Italia?

Credo che più esperienze fai, più arricchisci la tua sensibilità… no non mi sento troppo diverso nonostante abbia vissuto esperienze differenti… forse più attratto dalle cose, più ricettivo. Credo che la mia generazione soffra di disattenzione e superficialità.

E come la mettiamo con MTV che è l’espressione di tutto ciò!?

Beh io accettai perché volevo fare un programma sul cinema. Poi però è saltato fuori diverso da come avrei voluto farlo… insomma sono uscito fuori come un arrogante, presuntuosetto, antipatico e supponente…

E questo modo di parlare che hanno su MTV: anche tu ne sei stato vittima!

E’ un obbligo di rete…! Mi volevano obbligare allo street-style, allo stile VJ. L’unico ricordo bello è il regista con cui lavorai, Andrea Speziale. Una bellissima persona…

Il tuo rapporto con i registi?

Giorgio Pasotti Io soffro un po’ di timidezza, voglio un rapporto intimo, voglio vivere un rapporto sanguigno, voglio essere spronato dal regista. Io metto tutta la mia serietà professionale e sono disposto a dare tutto. Quindi soffro con registi asettici, poco disposti a pungolarti, che non ti stimolano. Voglio che il regista sia interessato ad avere il massimo da me…

Ma tu quando hai deciso di fare l’attore e perché?

E’ stata una folgorazione. Ero a Pechino, dopo la laurea, e venne all’università un produttore di Hong Kong che cercava giovani per un suo film. Mi diede la parte di un monaco buddista americano. Era un film con Chow Yun-Fat.

E com’è andata con Chow?

Lo dico senza presunzione ma già allora capii che era un grandissimo attore. Un uomo enormemente umile. Avevo un rapporto diretto con lui, mi insegnava, mi seguiva. A LA, mentre era in piena conferenza stampa, si accorse di me e fu affettuosissimo. È un attore universale. Affascinante. Va oltre la sua razza, può fare quello che vuole.

E dopo questa prima esperienza?

Feci il cattivo in un film girato a Shanghai e poi volai a LA per sfondare nel cinema hollywoodiano e il risultato fu The Dragon Fury. Era un tentativo patetico di fare arti marziali ad Hollywood. Poi venni in Italia per le vacanze di Pasqua e mi cascò addosso un ruolo ne I Piccoli Maestri.

E così sei rimasto. Che cosa sono le cose che desideri?

Cosa desidero veramente? Desidero crescere. Il mio grande terrore è fermarmi, perdere stimoli. Ho il terrore di non avere nulla da esprimere, mi inquieta la normalità come negazione della creatività. Vorrei lavorare e vivere con persone che mi stimolano, persone di gusto…

L’ultimo film che hai amato?

Bringing out the dead, Scorsese…

Dopo questa intervista Giorgio mi viene a trovare sul set di un piccolo spot pubblicitario, sta con noi un’oretta, discretamente, la sua presenza affascina tutti. Quando va via, penso che forse dovremmo lavorare insieme…

autore
26 Gennaio 2001

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