Gillo Pontecorvo, classe 1919, è tra i registi che si imbarcheranno alla volta di Genova. Sarà un’avventura in piena regola, venti troupe, quaranta autori, ancora nulla di definito: dai mezzi di trasporto per arrivare nel cuore del G8, ai permessi per muoversi nella città presidiata, fino a sistemazioni più o meno di fortuna per dormire.
E lui di tutto questo sembra felicissimo, galvanizzato all’idea di buttarsi nella mischia e raccontare, telecamera alla mano, che cosa sta succedendo nel mondo, perché è esplosa tutta questa voglia di mobilitazione contro il sistema, che facce hanno i giovani del popolo di Seattle.
Che cosa pensa del progetto di questo documentario?
E’ un’idea importantissima. Parliamoci chiaro, un tempo gli intellettuali italiani erano molto più impegnati di adesso, erano dentro fino al collo ai cambiamenti sociali e politici. Questo coinvolgimento da un po’ si era perso, invece ora le cose tornano a muoversi e noi cinematografari ci riprendiamo quello è il nostro compito più importante: vigilare su quello che accade. E’ una cosa tanto più importante per noi italiani, visto il particolare momento politico che stiamo vivendo.
Qual è l’aspetto che la interessa di più di questo movimento di protesta?
La ribellione all’idea che tutta la società debba appiattirsi sulle stesse identiche scelte. Ecco, essere intellettuali vuol dire stare attenti a questo, capire come governare mutamenti sociali tanto ampi.
Non ha paura degli incidenti che potrebbero verificarsi?
Spero non ce ne siano, ma se accadrà credo saranno piccoli inconvenienti che hanno poca importanza di fronte all’imponenza di questa mobilitazione. E poi io mi ricordo quando da giovane giravo con la macchina da presa nei cortei, con la Celere da una parte e i manifestanti dall’altra, beh allora la paura più forte non era quella di prendersi una botta in testa, ma quella di salvare sempre e comunque la telecamera.
Che cosa spera di riprendere a Genova
Ricordando i volti carichi di tensione che ho visto e filmato tanti anni fa, vorrei ritrovare quelle espressioni sulle facce della gente. Quella concentrazione prima di un momento importante, quei visi così interessanti perché ripresi mentre mettono a punto una strategia, perché hanno un progetto.
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