Giffoni, una platea di 760 bambini per Enzo D’Alò e la sua “Mary”

Dal romanzo di Roddy Doyle, il film animato già in anteprima a Berlino, è stata l’occasione per mostrare ai piccoli le tecniche d’animazione e far raccontare all’autore personaggi e storia


GIFFONI – Si dice Enzo D’Alò e subito si susseguono nella mente titoli come La freccia azzurra (1996), La gabbianella e il gatto (1998), Momo alla conquista del tempo (2001), Opopomoz (2003), Pinocchio (2012), Pipì, Pupù, Rosmarina e Il mistero delle note rapite (2017), solo per nominare quelli cinematografici, e presto – a novembre, distribuito da BIM – farà parte di questa favolosa rosa di opere animate anche Mary e lo spirito di mezzanotte, presentato in anteprima alla recente Berlinale e in selezione a Locarno Kids Screenings.

Prima però che Mary arrivi sul grande schermo, una platea d’eccezione incontra il suo autore, a Giffoni con il disegnatore Marco Zanoni: 760 bambini tra i 6 e i 10 anni hanno avuto l’opportunità di guardare in anteprima una sequenza inedita del cartone e di osservare in tempo reale a una sorta di laboratorio, in cui Zanoni ha accennato come si trasformi il disegno e in animazione, e intanto D’Alò ha risposto a tutte le curiosità che i bambini hanno sottoposto con le loro domande.

In particolare, la sequenza inedita che viene mostrata riguarda un incubo della protagonista, Mary, che vive in Irlanda con la mamma e l’anziana nonna: la bambina ha una sincera passione per la cucina e proprio la nonna le consegna un prezioso ricettario.

La sequenza mostrata è sviluppata con una tecnica che simula l’effetto dei disegni su carta: in particolare, racconta Enzo D’Alò, si tratta del “primo sogno della nonna di Mary, anziana e molto combattiva: il film è pieno di sogni e di incubi. Questa è una storia particolare, molto tenera e  coinvolgente; in cui grande importanza hanno anche la scenografia e la voci, tra cui quella di Maricla Affatato, a cui è affidata quella della mamma di Mary”. La sequenza, esteticamente tratto di matita marron su fondo neutro, mostra la bimba quando piccola, che tenendo in mano un uovo, poco dopo lo rompe, facendolo scivolare involontariamente sul pavimento, lì dove gironzola e il cane, che lo mangia: la bimba si mortifica di aver rotto l’uovo, pensa addirittura di averlo ucciso. E’ Marco Zanoni a commentare la visione della sequenza, spiegando ai bambini che “l’animatore che lavora su un film come questo lavora su disegni ‘schizzati’, e per questa specifica animazione sono stati tenuti i disegni originali per le sequenze degli incubi di Mary. Volete vedere come si disegna?” domanda a questo punto il disegnatore. È così che in sala comincia un momento laboratoriale, in cui sul palco – su cui naturalmente continuano a essere protagonisti D’Alò e Zanoni – una telecamera punta sui fogli presenti lì su un tavolo, e proietta l’immagine sul grande schermo, mostrando dal vivo Zanoni che – sul foglio completamente bianco –  comincia a disegnare, dapprima Mary e poi anche la Nonna.

Intanto, mentre il disegnatore tratteggia il volo della bambina del film, D’Alò spiega che “gli occhi di Mary sono stati la cosa più complessa del lavoro, perché bastava fossero un po’ più grandi, o meno, un po’ più in alto o meno, e Mary cambiava completamente”, restituendo perfettamente come il mestiere di animazione sia fatto anche di micro dettagli estetici e tecnici che, se impercettibilmente variati, possono davvero modificare l’atmosfera del racconto.

Enzo D’alò, continua raccontando che “Mary è una bambina che ama tantissimo cucinare, ma la mamma vorrebbe che lei facesse qualcosa di più serio da grande”. È a questo punto che una manciata di piccoli Giffoners prende la parola per parlare direttamente con D’Alò, e così Diego chiede: “come fate a disegnare così bene?”. Il regista spiega che “i grandi disegnatori disegnavano a prescindere: disegnare non era un lavoro ma un mezzo di espressione, ed è così ancora oggi, con il disegno comunichi il tuo modo di pensare”.

Dominique è curioso di sapere “quanto tempo c’è voluto per fare il film?”. E lui risponde che “essendo scoppiata la pandemia ad inizio produzione, sono stati necessari quasi 4 anni e mezzo”. E “quante persone sono state coinvolte in tutto?”, incalza Daniel, ottenendo come risposta un numero grande grande: 250/300 persone.

Flavia è curiosa di sapere quale sia stata “la scena più difficile”: e scopre che “quelle più complicate sono state le sequenze con l’automobile del lungo viaggio: la macchina è in 3D e i personaggi interni erano così da animare in un secondo tempo”.

Un altro Giffoner osa e va diretto all’anima dell’autore, chiedendogli: “cosa ti piace del tuo film?”. Enzo D’Alò, senza esitazione, risponde: “tutto! se no non sarei qui: un regista deve considerare ogni suo film come fosse il figlio preferito, altrimenti non gli riesci a stare dietro quasi 5 anni; la bellezza è anche lavorare con collaboratori che stimo e, nonostante le avversità, sono felice sia venuto come doveva venire”.

di Nicole Bianchi

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