“Fu Fidel Castro, nel corso di una conversazione notturna all’Avana a suggerirmi di trarre un film da Notas de viaje, gli appunti del viaggio giovanile di Ernesto Che Guevara attraverso l’America Latina. Era il 1993, acquistai subito i diritti dalla vedova Aleida March. Accanto avevo Gabriele Salvatores, candidato alla regia”.
Gianni Minà ricorda così la genesi di The Motorcycle Diaries, pellicola ora in fase di montaggio a Los Angeles. Alla fine è toccato dirigerla al filmaker brasiliano Walter Salles, autore del magnifico Central do Brasil a cui La vita è bella di Roberto Benigni ha soffiato l’Oscar nel 1997. Nel ruolo del produttore esecutivo c’è Robert Redford, sedotto dal “messaggio morale” di quelle pagine, mentre il giornalista italiano, da almeno trent’anni innamorato del continente a cui ha dedicato anche la rivista “Latinoamerica”, è supervisore artistico.
In questo on the road girato tra l’Argentina e il Cile, tra le miniere di Chuquicamata, il lebbrosario di San Pablo e l’Amazzonia peruviana, Che Guevara ha gli occhi verdi di Gael Garcia Bernal, sexy stella messicana lanciata da Amores Perros e Y tu mama tambien. Rodrigo De La Serna è Alberto Granado, insieme alla motocicletta Poderosa II, compagno d’avventura del ragazzo destinato a diventare l’icona della rivoluzione.
Nel corso delle faticose riprese Minà ha anche trovato il tempo di girare un documentario che ha come protagonista proprio Granado.
Minà, che cosa accadde nel 1993 con Salvatores?
Gabriele cominciò a lavorare a Nirvana e io rimasi solo. Parlai anche con Bernardo Bertolucci ma all’epoca era impegnato con Io ballo da sola. Infine pensai a Luis Puenzo, premio Oscar nell’85 per La historia oficial, ma non riuscimmo a trovare i produttori né in Italia né altrove. Avevo quasi rinunciato, quando 4 anni fa mi chiamò Robert Redford e il progetto ripartì. Ho inseguito questo film per 10 anni, ora sono felice che il regista sia Walter Salles. Ha una fortissima sensibilità per il mondo latinoamericano. Indispensabile per realizzare un film su due giovani argentini che intraprendono un’avventura destinata a cambiare la loro vita.
Che Guevara è al centro di un’iconografia abusata dal mercato…
L’abbiamo evitata mettendo in scena la storia di un ragazzo colto e idealista che, in viaggio con un amico, scopre l’ingiustizia e sceglie di combatterla. The Motorcycle Diaries è un film profondamente etico. Ma è anche molto divertente: specie nella prima parte mostra due goliardi un po’ pirati. Tra le scene più toccanti ci sono quelle in cui Ernesto reagisce allo sfruttamento dei minatori cileni e quelle che mostrano i rapporto dei due amici con i lebbrosi.
Il ruolo di Ettore Scola?
Ha supervisionato la sceneggiatura scritta dal portoricano Jose Rivera. Ci siamo rivolti a Ettore perché è l’autore di Il sorpasso, vero cult on the road che ha ispirato lo stesso Easy Rider.
Ci parli del suo documentario su Granado.
L’ho prodotto con la mia società, la Gme Produzioni, insieme a Massimo Vigliar della Surf Film. In viaggio con il Che è un lungo ed emozionante itinerario nella memoria di un grande vecchio a cui quell’esperienza ha cambiato la vita. Si separò dal Che in Venezuela e si rincontrarono dopo qualche anno, dopo la rivoluzione cubana, quando Ernesto, ormai divenuto “il Comandante”, lo invitò a raggiungerlo all’Avana. Così rinunciò alla promettente carriera di scienziato, e fondò a Santiago di Cuba una scuola di biotecnologie tuttora attiva. Ora è un pensionato, non abbiente, ma dignitoso e non rimpiange la sua scelta. Stiamo stati insieme sul set del film, dove a volte interveniva per dare indicazioni al regista e agli attori, ma abbiamo anche toccato altri luoghi. Vorrei presentare In viaggio con il Che a Venezia poi, oltre al passaggio televisivo, non escludo l’uscita al cinema, anche la durata, 1 ora e 25 minuti, è quella giusta. Il film invece sarà pronto per il festival di Toronto.
Torniamo al film. Ci parli degli attori.
Sono strepitosi. Rodrigo De la Serna, lontano parente della madre del Che, è un emergente destinato al successo. Di Gael mi ha colpito la grande generosità e il coraggio. Spesso ha anche rifiutato la controfigura.
In un’intervista a “Repubblica” Bernal ha parlato di problemi nel corso della lavorazione.
In Cile, dove l’impronta del regime di Pinochet non è stata cancellata e l’estrema destra è ancora forte, qualcuno ci ha accolto prima con stupore poi con ostilità. Un albergo ha persino negato le camere alla troupe.
Che cosa dice Fidel Castro del film?
Penso sia curioso di vederlo, così come la famiglia di Che Guevara che ha conosciuto il regista e gli attori. L’occasione sarà forse il Festival Internazionale del Nuovo Cinema Latinoamericano del prossimo dicembre.
“The Motorcycle Diaries” arrivano in un momento particolare per l’America Latina…
L’uscita del film ha un grande significato ideale. Arriva nel momento del risveglio dell’America Latina cominciato proprio 10 anni fa in Chiapas con gli zapatisti, prologo anche del movimento no-global. Continua con la rivolta indigena che in Ecuador ha permesso a Gutierrez di diventare presidente, con il governo di Lula in Brasile e la resistenza di Chavez all’oligarchia.
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