Gianni Amelio: “Peccato per Ulidi”


TORINO – Anche se i due italiani in concorso (Carlo Virzì e Mateo Zoni) non hanno vinto niente al Torino Film Festival, l’Italia ne esce bene. Lo afferma Gianni Amelio, in un primo bilancio a caldo, con i premi appena annunciati e la sorpresa di un piccolo film islandese vincitore, Either Way. “Ulidi piccola mia avrebbe potuto ambire a un premio, ma è stato comunque rispettato dalla critica per l’originalità, lo stile, la forza, la sincerità. Mentre siamo circondati da film italiani furbi, fa piacere vederne uno così, un piccolo La bocca del lupo, altra scoperta del Torino Film Festival, realizzato da un ragazzo giovanissimo e costato niente”. Il direttore-regista, sollecitato dai cronisti, prosegue la sua riflessione: “Sì, è vero, ho un po’ di amaro in bocca per alcune esclusioni, ma il cinema italiano ne esce a testa alta con momenti importanti, come i film di montaggio sul fascismo, espressione di una voglia di ripercorrere la storia e sentirla raccontare. Anche perché il documentario è una delle forze di Torino”. Insomma, per Amelio, al suo terzo anno da direttore, questa è una delle migliori edizioni, con quella 2010. “L’anno scorso vinse Winter’s Bone di Debra Granik, un film bellissimo ma che poteva fare anche da solo, infatti poi andò all’Oscar. Quest’anno le scelte della giuria guidata da Jerry Schatzberg sono state anche più coerenti con il nostro spirito. C’erano sia opere prime a basso costo sia film più spettacolari, loro hanno puntato sugli esordienti, con premi di tendenza che aiuteranno questi nuovi autori. Il film islandese è un’anteprima mondiale, una nostra scoperta, viene da una cinematografia poco conosciuta e adesso troverà sicuramente anche una distribuzione italiana”. Per il regista calabrese, finora abbottonatissimo sui film del concorso, sono cinque le opere che meritano cinque stelle. Il canadese Le vendeur che ha avuto il Premio Cipputi e il Premio Fipresci, “un film straordinario”, il tedesco Vergiss dein Ende, sull’Alzheimer, che ha ottenuto il premio per l’interpretazione femminile andato a Renate Krossner, l’italiano Ulidi piccola mia, il francese 17 filles, Premio speciale della giuria ex aequo, e l’islandese Either Way che dice di aver voluto fortemente.

 

Come vede il futuro del festival, che secondo l’assessore alla Cultura della Regione Piemonte Coppola dovrebbe incrociare la sua strada con un regista straniero (e le cronache locali hanno lanciato nomi fantasiosi, da Bigas Luna a Peter Greenaway)? “E’ un futuro luminoso, chiunque venga a dirigerlo, perché la forza di questo festival è il pubblico. Non è un pubblico facile né di bocca buona, e non ci fa dormire la notte per cercare i film giusti, ma ci rende diversi dagli altri…”. Per esempio da Roma? “Roma non deve certo vedersela con noi, semmai con Venezia. E poi il pubblico di Roma è più disincantato, si chiede se andare all’Auditorium oppure a Fregene. Qui a Torino vengono persino col treno da Genova o Milano e ho visto due ragazze in lacrime per non essere potute entrare alla proiezione di 17 filles dopo aver fatto apposta il viaggio, naturalmente le ho fatte entrare. Noi siamo un festival utile ai film. Ricordo sempre quanto mi è stata utile la Quinzaine quando, a 27 anni andai lì con La città del sole e grazie a Cannes mi distribuirono in Francia”.

 

Poi via a fare le prove per la cerimonia di chiusura al Cinema Reposi condotta – chissà perché – dalla cabarettista fiorentina Maria Cassi. Grammelot a tutto spiano e metodi spicci nella passerella di vincitori e giurati che ha concluso questa 29° edizione.

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03 Dicembre 2011

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