Io che amo solo te è il titolo del nuovo film di Gianfranco Pannone. E rubato ad un brano di Sergio Endrigo del 62. Scelta ironica perché la canzone della fedeltà diventa qui colonna sonora di un tradimento politico e sentimentale”.
Siamo nel 2003, nellItalia della guerra e di Berlusconi” racconta il regista. Protagonista è Pietro, architetto 45enne, dallaria bambinesca ma capace di nefandezze. E un uomo di sinistra ma decide di salire sul carro dei vincitori. E sposato con Roberta, professione libraia. Condividono le calde atmosfere di una casa/nido con tanti libri e musica soft. Hanno una figlia 18enne che scopre il movimento no global e capisce che i veri bambini sono i suoi genitori. Pietro perde la testa per Angela, prostituta dalto bordo. Al guado tra legalità e illegalità, vita di coppia e trasgressione, crea le condizioni per una doppia vita ma non è abbastanza spregiudicato per affrontarla”.
Per Pannone, documentarista pluripremiato, autore di una trilogia americana, narratore di storie operaie e periferiche, è il primo film di fiction.
Ma il terzo lungometraggio dopo LAmerica a Roma e Latina/Littoria. Perché finalmente, anche grazie a Michael Moore e Nicholas Philibert, si comincia a pensare ai documentari come veri e propri film” sottolinea. La fiction è una sfida. Non ne ero proprio a digiuno: ho cominciato come cortista e aiuto regista poi mi sono innamorato del documentario di creazione, trovando la realtà più interessante della fantasia” spiega.
Io che amo solo te, girato in pellicola super 16, interpretato da Cesare Bocci, Gianna Breil e Francesca Giordani, sarà pronto a fine gennaio dopo 5 settimane di riprese e 10 di montaggio a Roma. Producono Bruno Tribbioli e Alessandro Bonifazi per Blue Film.
Perché un film così vicino ai nostri giorni?
Perché mantiene linteresse per la società che appartiene al documentarismo. Ma chi si aspetta un film alla Ken Loach rimarrà deluso. Il progetto è nato nel 2002, lho scritto con Giulia Merenda e allinizio pensavamo a una storia più intima. Poi, due cose ci hanno colpito: il segno lasciato da Berlusconi in questi questi anni di governo; la guerra e la reazione di impotenza, di chiusura nel privato dei 40/45enni, colti alla sprovvista dal movimento pacifista. Così ho ambientato la storia tra gennaio e agosto 2003. E un ritratto, anche ironico, del ceto medio intellettuale italiano, di una società insoddisfatta, che ha delle responsabilità per lanomalia politica che la governa. Cè una critica alla destra cosidetta liberista e anche ad una certa sinistra che continua a sentirsi minoranza virtuosa e si culla nellagiatezza borghese. In Latina/Littoria mostravo le contraddizioni un sindaco fascista senza additarlo, qui faccio emergere le contraddizioni dellItalia senza ideologismi, lasciando allo spettatore libertà interpretativa.
Dal punto di vista stilistico come metti in scena la doppia vita di Pietro?
Ho giocato con due linee: ho ripreso la quotidianità dei due coniugi con la camera a spalla, dunque con un registro realista, mentre le scene di Pietro e lamante sono girate in modo più estetizzante, quasi teatrale. Guardo oltre lo schema dualistico fiction/documentario, verso un cinema narrativo che si permetta dei piccoli detour nella realtà. Come quello di Cassavetes, ad esempio. Cè il repertorio, stralci dei tg in cui si vede anche Berlusconi accanto a Bush.
Io che amo solo te è realizzato a denti stretti, preceduto da una preparazione meticolosa, lunico modo per far fronte a tempi e budget ridotti.
Come rappresenti il rapporti tra uomini e donne allinterno del triangolo Pietro, Roberta, Angela?
Pietro è il tipico uomo italiano condizionato dagli imput erotici provenienti dai media, un ‘arrapato cronico’ in preda a continue fantasie masturbatorie. Roberta è la donna italiana incline ad assecondare linfantilismo maschile. Viene dal femminismo ma si trasforma facilmente in infermiera. Angela invece ha scelto il sesso per denaro, ma vorrebbe una vita fin troppo normale. Certo, nel film le donne escono meglio degli uomini. Le loro sofferenze sono frutto di una sensibilità che a Pietro manca.
In cantiere hai anche Sonasò”, documentario sulla musica popolare del Sud, sceneggiato con Ambrogio Sparagna, già collaboratore per Latina/Littoria”, e prodotto dalla Downtown Marco Müller.
Si. Prima però girerò Oro, miracoli e petrolio, un reportage/inchiesta sulla scoperta di un giacimento petrolifero in Basilicata, prodotto da Rai Tre, dalla Tv Svizzera Italiana e dalla Regione. Sonasò è un progetto ambizioso. Puntiamo al grande schermo dunque il budget è consistente. lo stiamo ancora cercando ma sono sicuro che si farà: sarà il mio prossimo lungometraggio. Abbiamo cominciato a lavorarci 2 anni fa. La presenza di Ambrogio, uomo capace di annusare tendenze e fermenti, ci ha permesso di anticipare il ritorno in auge della musica popolare. Andremo a cercare le espressioni più genuine di un fenomeno ormai di massa, il modo in cui viene metabolizzato dai giovani che riscoprono lorgoglio dellappartenenza. In questo senso sarà anche un film sul Sud di oggi dove ho trovato una vitalità inaspettata, lontana dallo stereotipo malinconico. Viaggeremo tra la Campania delle tammorre e la Calabria dove si celebra il Tarantella Power. Tra le Murge degli Uaragniaun, gruppo che rivisita il canti contadini, e gli zampognari di Monte Serino. Non mancherà il Salento: Edoardo Winspeare ci darà una mano ad esplorarlo.
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