Giancarlo Leone


“Quello di Cannes è un risultato eccezionale. Raicinema dimostra di aver imboccato la strada giusta e si afferma come uno dei protagonisti della ripresa del cinema italiano”. Il commento, a caldo, toccò a Giuliano Montaldo, presidente di Raicinema, nel giorno dell’annuncio della doppietta italiana in concorso. Ma il braccio produttivo di viale Mazzini non è solo Moretti e Olmi. Anche Domani e Le parole di mio padre (Certain Regard) e Terra di nessuno, ancora in competizione, fanno parte della scuderia. Ne parliamo con l’amministratore delegato del gruppo Giancarlo Leone.

Due film in concorso: un successo già di per sé?
Sì, e poi due film che hanno l’assoluta dignità di vincere un premio. Moretti l’abbiamo visto tutti, di Olmi posso dirvi che è un autentico capolavoro. Se la giuria, come sembra, è orientata verso la qualità del prodotto, possiamo coltivare la speranza.

Raicinema ha innovato la politica produttiva di Rai. O è un’impressione?
Stiamo raccogliendo i frutti dei nostri predecessori, e penso in particolare a Giuseppe Cereda. E’ mutata però la misura dell’impegno. In passato ci siamo sempre fermati al 10-15% del budget, restando al meccanismo dei diritti d’antenna, oggi non ci poniamo limiti. Se i nostri partner vogliono una quota maggioritaria la rispettiamo, altrimenti possiamo anche impegnarci di più. La legge ci impone di investire ogni anno non meno di 100 miliardi nel preacquisto e nella produzione di fiction italiana ed europea, noi arriviamo a 140 miliardi l’anno per il biennio 2001-2003, di cui 80 nella produzione e 60 nell’acquisizione.

Nella rinascita del cinema italiano ci credete anche voi, dunque?
Ne ero certo già l’anno scorso, in un momento buio per incassi e visibilità. Sapevamo che i migliori progetti sarebbero arrivati in sala solo nel 2001, come infatti è accaduto. E’ decisivo finanziare i film indipendentemente dai circuiti burocratici, pensando alle sale e non più, semplicemente, a rientrare delle spese.

E’ stato difficile conquistare la fiducia del cinema italiano?
All’inizio c’è stata un’attenzione prudente. Ma noi abbiamo usato una parola d’ordine chiarissima, “dimentichiamoci la televisione”. Tv e cinema sono linguaggi totalmente diversi.

E’ mutato anche l’atteggiamento degli stranieri?
Prima Rai era vissuta solo come broadcasting, oggi si sa che Raicinema fa solo cinema e investe molto, anche sul prodotto straniero, come compratore. Abbiamo ottimi rapporti con Paramount, Disney, Lecture. Come distributori, insieme a Studio Canal, abbiamo un listino di venti titoli – vedi il dossier di tamtam– che debutterà a settembre. La metà circa sono americani e tra questi c’è il nuovo Lynch, Mullholland Drive, in concorso a Cannes.

Che chance ci dà sui mercati esteri?
E’ il vero problema del cinema italiano, che viene ancora percepito come domestic. Pane e tulipani va molto bene, in Germania ha fatto 8 miliardi, viceversa I cento passi non ha ancora trovato un distributore americano. Esistono iniziative come Italia Cinema o imprenditori come Adriana Chiesa che lavorano a questo, ma occorre attivare professionalità e competenze ancora maggiori. Noi, senza nulla togliere a Raitrade che fa un ottimo lavoro, ci stiamo pensando e intanto troviamo sempre maggiore interesse a coprodurre con l’Italia. Con la Lecture (Se scappi ti sposo, Autumn in N.Y.) stiamo mettendo in piedi un film italoamericano da girare in inglese. E’ tratto da un grande romanzo italiano e lo dirigerà un regista italiano, ma non voglio dire di più.

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30 Aprile 2001

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