E’ il regista dell’anno, incoronato ai David di Donatello grazie alle insicurezze dei trentenni raccontate nell’Ultimo bacio. Ma quel cordone ombelicale con le storie dei giovani della Roma borghese, Gabriele Muccino ha deciso di tagliarlo. E fa il grande salto puntando dritto verso New York. Complice la Miramax, il colosso internazionale nascosto dietro il trionfo Usa di Benigni, che gli ha affidato il remake di un film francese di qualche anno fa: Ognuno cerchi il suo gatto.
Una produzione a stelle e strisce, dunque, con tanto di locations nella Grande Mela e un cast internazionale. Una sfida che un po’ lo preoccupa, ma che ha deciso di rischiare con un filo di presunzione.
Intimorito da questa nuova esperienza oltreoceano?
Un filino in ansia lo sono, caspita. Certo questa è un’operazione che ha i suoi rischi, come tutte le sfide. Eppure sento che posso farcela, magari la mia sarà presunzione, ma sono convinto che sarà un’esperienza positiva.
A che punto è la sceneggiatura?
Ho già fatto qualche sopralluogo a New York e sto dando le ultime limature al copione. Manca il visto definitivo della Miramax, per ora però sono più che soddisfatto. Siamo partiti da una vecchia sceneggiatura di un film francese: Ognuno cerchi il suo gatto. La protagonista è una ragazza che torna dalle vacanze e scopre che il suo gatto si è perso. E’ una storia corale, che coinvolge lei, una sua amica, un ragazzo gay e un gruppo di anziani: tutti sono accomunati dalla ricerca di una dimensione umana, per uscire dalla solitudine e dai meccanismi di una grande metropoli che li stritola.
Quindi cambi completamente genere, non è un bel rischio?
Non credo che rimanere attaccato al tipo di storie che il pubblico ormai considera come “mie” sia una garanzia di successo a oltranza. Anzi, battendo sempre lo stesso filone è più facile deludere le aspettative degli spettatori. Certo, stavolta ricomincio da zero. Vedremo…
Non è che alla fine di viene voglia di espatriare definitivamente?
Per carità: io sono solo un regista in prestito agli Stati Uniti. Non ho mai pensato di trasferirmi.
C’era il progetto di un film su una coppia di giovani che voleva aprire una lavanderia nel quartiere più multietnico di Roma, che fine ha fatto?
E’ una storia di qualche anno fa, che ormai non sento più mia. Credo che quel film non lo farò mai.
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