MILANO. Pio d’Emilia, giornalista e corrispondente per Sky, da più di 30 anni vive in Giappone ed è a Tokyo il giorno del terremoto, l’11 marzo 2011. Decide di raggiungere le zone colpite dal sisma e dallo tsunami: sarà il primo giornalista straniero a riuscirvi. Dopo aver viaggiato attraverso i paesi colpiti dal maremoto e dopo essere furtivamente entrato nella ‘no go zone’, la zona di 20 km intorno alla centrale nucleare di Fukushima I evacuata dal governo, d’Emilia riesce a raggiungerne i cancelli di ingresso, ma senza potervi entrare. Dovrà attendere giugno 2013, perché i vertici della Tepco permettano, non senza difficoltà, a un pool di giornalisti stranieri di accedere a Fukushima Daiichi.
Tutto questo è narrato e mostrato da Fukushima: A Nuclear Story, il documentario, in concorso a Visioni dal mondo, diretto da Matteo Gagliardi e liberamente tratto da libro di Pio d’Emilia “Tsunami Nucleare”. Le immagini che d’Emilia gira nei giorni immediati allo tsunami sono eloquenti: uno scenario catastrofico a dir poco, città fantasma, mentre la dirigenza Tepco si rivela impreparata e incerta nel gestire la pericolosissima situazione della centrale di Fukushima.
Lo tsunami oltre ad aver provocato 15.700 morti e distrutto edifici, strade, ponti, ferrovie, ha messo fuori uso anche la centrale nucleare di Fukushima Dai-ichi, dichiarata a prova di terremoto, con la conseguente dispersione e rilascio di materiali altamente radioattivi. Le stime dicono che ci vorranno 30 anni per mettere completamente in sicurezza i reattori danneggiati dal maremoto.
E intanto crolla il mito dell’energia nucleare “che illumina il nostro futuro” e sempre più si afferma la consapevolezza che nel paese della tecnologia qualcosa non ha funzionato e crescono in Giappone le manifestazioni contro la scelta nucleare che non trovano un interlocutore autorevole e disponibile ad ascoltare. “La verità è che l’attuale governo guidato dal premier Shinzo Abe è irresponsabile, non ha fatto nulla perché la situazione in quella parte del Giappone torni alla normalità – afferma d’Emilia – Lì andrebbero investite le risorse che invece sono purtroppo destinate alla preparazione delle Olimpiadi che si terranno a Tokyo nel 2020. 50mila giapponesi hanno dovuto abbandonare il luogo dove sono nati e hanno vissuto e difficilmente potranno tornarvi. Per un giapponese lasciare la propria terra è un dramma, in quanto è un popolo stanziale”.
“Se ragionassimo secondo le regole del giornalismo moderno diremmo che questo docufilm è ormai superato, oggi si parla di ISIS. Ma il nucleare non è affatto invecchiato, è un tema tuttora aperto e più che mai attuale se solo pensiamo che non ci sono le tecnologie adatte per completare la bonifica del territorio prossimo alla centrale di Fukushima”, afferma il regista.
Fukushima: A Nuclear Story è diviso in 3 atti – intitolati Inimmaginabile, Il nemico invisibile e Il miracolo – e ha due autorevoli voci narranti: Massimo Dapporto nella versione italiana e Willem Dafoe in quella inglese. Il film si vedrà l’11 marzo, ore 21, su Sky Cinema Cult, con replica il 14 marzo. Inoltre è prevista una presentazione a Roma il 7 marzo al MAXXI. Per saperne di più www.nuclearstory.com
Secondo l’Alto Commissariato delle Nazioni Unite alla fine del 2014 più di 59,5 milioni di persone sono state costrette ad abbandonare le proprie case a causa di conflitti e crisi umanitarie, socio-politiche e ambientali.Tre quarti di questi rifugiati sono in una situazione di “esilio a lungo termine” senza alcuna prospettiva di ritorno a casa. Sono loro i protagonisti dei tre documentari - Esuli-Le guerre, Esuli-Tibet, Esuli-L'ambiente - diretti dalla regista Barbara Cupisti e presentati a Visioni dal mondo nell’Omaggio a Rai Cinema che li ha prodotti insieme a Clipper Media
Al film di Nicola Moruzzi il Premio UniCredit Pavilion, a Redemption Song di Cristina Mantis il Premio Rai Cinema e a Pequeñas mentiras piadosas di Niccolò Bruna il Premio UniCredit Pavilion Giovani
Il regista di Videocracy porta fuori Concorso a Visioni dal mondo La teoria svedese dell’amore sulle crepe di una società conosciuta come un modello di progresso e costruita sull’autonomia. "All'inizio degli anni '70, con primo ministro Olof Palme, si teorizza che in futuro anziani, figli, donne non dovranno mai dipendere dai propri familiari. L’amore autentico può esistere solo tra due persone indipendenti l’una dall’altra. Lo Stato garantisce con la riforma delle pensioni e un sistema di sussidi. II risvolto? Il 50% degli svedesi vive solo, 1 su 4 nel momento della morte è solo", afferma Gandini
Premio alla carriera e master class del regista che ha presentato, fuori Concorso, in anteprima Registro di classe - libro secondo 1968-2000, il nuovo film d’archivio firmato con Cecilia Pagliarani e distribuito in sala nel 2016 da Istituto Luce-Cinecittà. Il film prosegue il viaggio nella scuola primaria italiana, dai primi del ‘900 ai giorni nostri, iniziato con il Libro primo: “E’ essenziale non farsi imprigionare dal cinema di repertorio dove recitano tutti e la maggior parte male; il problema è trovare quelle parti la cui recitazione è decente". In concorso al festival di Milano un altro film che ci riporta in ambito scolastico, Note dolenti di Nino Sabella, che ci restituisce con spontaneità l’agonia dell’Istituto musicale ‘Arturo Toscanini’ di Ribera minacciato da tempo di chiusura