“Ci interessano le scoperte, i nuovi talenti, i cineasti che realizzano un primo film di qualità con fantasia. Alice Rohrwacher fa indubbiamente parte di questa categoria”. Per il secondo anno alla guida della Quinzaine des Réalisateurs, il delegato generale Frédéric Boyer spiega così la scelta di inserire nella selezione 2011 Corpo celeste, l’opera prima di Alice Rohrwacher che sarà distribuita da Cinecittà Luce. E poi svela – in un’intervista esclusiva a CinecittàNews, che seguirà la sezione del Festival di Cannes con uno speciale – i percorsi, le tendenze, le rivelazioni di questa stagione cinematografica dal punto di vista dei “réalisateurs”.
Cosa l’ha colpita in particolare del film Corpo celeste?
Come ho detto, il fatto che sia un esordio sorprendente in termini di qualità, ma ci sono anche altri elementi. Come Le quattro volte di Michelangelo Frammartino, è di nuovo girato e ambientato in Calabria, anche se è totalmente diverso. Inoltre mescola sapientemente lo stile documentario – con l’uso di attori non professionisti – e la finzione, e racconta del passaggio all’età adultà, del rapporto di un adolescente con la fede: temi che trovo estremamente interessanti.
Ci sono stati altri titoli italiani che avete amato e avreste voluto inserire nella selezione?
Sì, ne abbiamo visti altri molto affascinanti e la scelta finale è stata difficile, ma ogni anno dobbiamo selezionare film da tutto il mondo e cerchiamo di prendere quelli più rappresentativi di un certo cinema. Altri film italiani erano belli, ma magari potevano somigliare a un certo tipo di cinema, e di racconto, che abbiamo già visto.
Quest’anno ci sono tantissimi film di produzione o co-produzione francese.
E’ vero, la Francia ha un ruolo importante nella selezione. Nel 2010 avevamo quattro titoli francesi, quest’anno sei, ma c’è da dire che abbiamo visto tantissimi film nazionali e tra questi ne abbiamo trovati molti di qualità, oltre che diversi tra loro. E’ anche normale che succeda, visto che la Francia è un paese che lavora molto sulle co-produzioni, che dà un importante sostegno pubblico al cinema e che ha molte società di vendite internazionali affermate a livello mondiale… Detto questo, tra i 25 film che sono quest’anno alla Quinzaine – di cui quattro tra le proiezioni speciali – c’è un’ampia panoramica (anche geografica) del linguaggio cinematografico, con documentari, finzione e opere di genere, come quella del giapponese Sion Sono, una sorta di thriller sessuale presentato in un director’s cut di due ore e venti.
Ci sono anche graditi ritorni di autori affermati.
Non amo i “ritorni” in modo particolare, ma il nuovo film di André Téchiné, Impardonnables, è semplicemente magnifico. Lui era stato alla Quinzaine nel 1975 con Souvenirs d’en France, ed è un grande piacere farlo tornare nella nostra sezione. E’ film che mescola in modo interessante molti elementi e sono sicuro che riceverà grandi ovazioni. E’ stata una scelta puramente artistica. Tra l’altro, tra gli attori, c’è anche la vostra Adriana Asti.
Quest’anno c’è un solo film statunitense in programma…
Sì, anche perché preferiamo avere le opere in prima mondiale e molti titoli che magari sono stati presi al Certain Regard o alla Semaine de la Critique erano già passati al Sundance. Noi abbiamo preso The Return, un film bellissimo, di racconto, di attori, opera prima di Liza Johnson, che può ricordare Peter Bogdanovich o Robert Altman. Poi c’è un grandissimo film svedese, Play, di Ruben Ostlund, un’opera formalmente eccelsa, che rimanda un po’ a Roy Anderson, e tre opere belghe, tra cui quella di apertura: La Fée di Dominique Abel, un film folle, burlesco, molto visivo. In questa edizione, poi, sono felice di constatare che ci sono ben nove film fatti da donne.
E c’è il primo film degli indigeni palawanesi…
Ho incontrato il regista di Busong, Auraeus Solito, a Hong Kong: è un film animista che ragiona molto sulla natura e in questo dà un segnale di continuità rispetto alla presenza di Frammartino lo scorso anno. Ma è ambientato nel presente e non potrebbe avere una idea di messinscena più lontana da quella di Le quattro volte. E’ un film completamente filippino, al cento per cento, senza co-produzioni, puro, ma non è il classico film da festival, anzi ha un grande valore in se stesso. E’ una magia.
Riepilogando, ci sono molte opere prime, tantissime anteprime mondiali, ma forse manca il grande evento mediatico, come quello che portò sulla Croisette Mick Jagger l’anno scorso.
Abbiamo otto esordi su 25 film in totale, di cui 23 in prima mondiale. Abbiamo avuto proposte di film che si portavano dietro personaggi mediatici, ma alla Quinzaine non scegliamo in base a questo. L’anno scorso la presenza di Mick Jagger è stata per me quasi una questione personale: io sono un fan sfegatato degli Stones. In questa edizione, come è sempre accaduto alla Quinzaine, abbiamo scelto in base alla qualità dei film, se poi c’è anche l’evento meglio. In ogni caso ci sarà un evento rock con una festa a cui saranno presenti diversi personaggi della scena post-Punk degli anni ’80.
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