E’ il caso del festival. Tuttoaposto di Franco Bertini (leggi l’anticipazione di tamtam) sconvolge le logiche produttive. Girato con soli cinque milioni di lire, in digitale, autoprodotto dallo stesso regista, il film si presenta come un tentativo di fare cinema in modo diverso, armato solo delle proprie idee e della folle passione del cinema. La storia è abbastanza semplice: il furto di un’auto, la notte a Roma accompagnati da Flavio Insinna nei panni di un balordo dei bassifondi.
Recito da diversi anni – ci ha detto Franco Bertini – Ho scritto i testi per Crack, uno spettacolo teatrale che ha avuto molto successo a Roma un po’ di anni fa e dal quale è stato anche tratto un film diretto da Giulio Base. Poi ho scritto Poliziotti e il serial tv Distretto di polizia. Ho fatto teatro off, recitato nelle cantine, e poi ho deciso che dovevo girare un film. Il digitale mi sembrava la sola scelta da fare. Ho anche tentato di provare a farmi produrre seguendo i percorsi convenzionali, ma ho trovato alcuni amici, attori e tecnici, che stimo e che mi stimano, e grazie a loro ho potuto realizzare questo lavoro. Sono stato contento di realizzarlo in digitale, perché oltre ai vantaggi economici, il digitale mi ha permesso di essere più libero. Comunque la mancanza di soldi ha creato diversi problemi, e tra questi il fatto che il film non gode della nazionalità italiana, perché iscriverlo sarebbe costato troppo. Questo, purtroppo, non permette alla eventuale distribuzione di fruire dei vantaggi riservati ai film italiani.
È importante per te lavorare con gruppi di persone affiatate?
Non è fondamentale. Posso pure lavorare con persone che non conosco per niente. E non credo che sia vero che la bellezza di un film dipende dal clima che si crea nel set. Posso lavorare in qualsiasi condizione. Mi piace dirigere le persone. Certo non leggerai mai “un film di Franco Bertini” perché un film è un’opera collettiva. Ma è anche un’opera dove ognuno ha un proprio ruolo preciso.
La sceneggiatura è stata pensata in funzione del progetto o avresti voluto girare in un altro modo?
No. Il progetto è nato proprio per essere girato in digitale. Non era certo una sceneggiatura rigida. Gli attori sono intervenuti con le loro individualità, ed in alcuni momenti c’era più spazio per l’improvvisazione. Ma il progetto è nato per essere realizzato esattamente così.
Progetti futuri?
Ho una sceneggiatura che deve essere valutata per poter fruire dell’articolo 8. Mi piacerebbe anche dirigerlo in digitale, ma non so se sarà possibile. Usando la telecamera mi sono sempre più innamorato del tipo di immagine che crea. Mi piace fare un paragone tra il cinema pornografico realizzato in forme industriali e quello casalingo, con le signore con la mascherina addosso. Mi piace questo voyeurismo, e mi piace che le mie immagini riescano a riprodurlo.
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