“Le trame dei film e dei tappeti moderni sono pieni di anilina, caro perplesso lettore. Dal mio osservatorio, sto segnalando, in tutti i modi e con tutti i mezzi, la mia posizione; lanciando segnali d’allarme e qualche antivirus. Una diossina intellettuale sta decretando il Declino e la Caduta dell’Impero dell’essere umano… e se non avessi qualche speranza lascerei perdere”. E questa speranza Franco Battiato la consegna ancora una volta, non solo alla musica, ma anche al cinema, con l’intento di rappresentare con le immagini quel suo mondo spirituale ricco di filosofie orientali, che si è affacciato nella sua vita all’inizio degli anni ’70.
Lo sguardo sul mondo è sempre quello mistico e visionario, come nel precedente Musikanten, presentato alla Mostra di Venezia due anni fa. Niente è come sembra, terzo film firmato dal musicista e sceneggiato ancora una volta insieme al filosofo Manlio Sgalambro, racconta di un vecchio professore di antropologia culturale, Giulio Brogi, che da ateo dichiarato procede per tappe e incontri successivi, ultimo quello con un maestro orientale, verso un’iniziale condizione Zen.
Dopo l’anteprima nella sezione Extra Niente è come sembra, che prende il titolo di una canzone dell’ultimo album “Il vuoto”, uscirà per Bompiani in Dvd a fine mese in un cofanetto che comprende un cd con 7 brani dell’artista e il libro “In fondo sono contento di aver fatto la mia conoscenza”. Il Dvd include inoltre, come extra, il concerto che Battiato ha tenuto al Teatro degli Arcimboldi, a Milano, per il FAI-Fondo Ambiente Italiano con la Royal Philarmonic Orchestra.
Lei ha definito “Niente è come sembra” un film per adulti, in che senso?
Se una persona non è interessata all’esistenza, al mistero del vivere, se non ha una motivazione è inutile cha vada vedere il mio film. Se si è posta queste problematiche, allora può avvicinarsi al mio lavoro filmico, altrimenti meglio che s’accontenti dei soliti film americani.
Quali difficoltà nel raccontare l’imponderabile con il cinema?
Direi una bugia se dicessi che ne ho avute, perché utilizzo il cinema in funzione del racconto che sto facendo, non punto a far piangere, ridere, a raccontare una storia. I miei schemi si muovono tra suono e immagine. Non è così importante dove collocare la macchina da presa.
La sua opera prima, “Perduto amor”, era un film diverso, altro da “Musikanten” e da “Niente è come sembra”?
Sì è vero, anche se nel mio primo film c’era una lezione di tantra molto ardita che certi maschietti, che non sanno fare l’amore, farebbero bene a studiarla. In Perduto amor c’era la voglia di giocare, perché mi era stata fatta la proposta di esordire come regista. Ma appena ho messo piede sul set ho capito che non era un esperimento e subito dopo ho corretto il tiro.
Dunque ha cominciato più per caso che per una scelta meditata?
All’inizio non avevo questa nozione di cinema che oggi ho maturato. Era semplicemente accaduto che una produttrice francese che lavora per la Warner Bros e che seguiva il mio lavoro musicale mi aveva proposto una sorta di sfida al cinema, da me subito raccolta. Così le inviai, appunto per gioco, poche pagine che le sono subito piaciute e mi sono ritrovato sul set. Solo dopo aver utilizzato questo mezzo espressivo, ho capito le tante possibilità che avevo a disposizione, anche se per molti il primo film è più bello del secondo, perché rientra in canoni più tradizionali.
Come definirebbe il suo cinema?
Innanzitutto un cinema dove non ci sono azioni violente, scene di sesso…
A chi ha scritto che il suo è un anticinema, che cosa risponde?
Sono d’accordo, anche se occorre intendersi su che cosa è il cinema. Il mio cinema vorrebbe avvicinarsi a quello di Roberto Rossellini quando firmava opera come Blaise Pascal e Agostino d’Ippona.
Intende dire un cinema didattico?
Sì, perché no. In fondo sono uno di quei pachidermi che crede nell’azione nobile di aiutare chi non ha capito che la vita è una cosa seria.
Insomma il suo cinema ha quasi una missione salvifica?
Il mondo come materia sta decretando la sua fine, in fondo è un suicidio della vita. Non c’è rispetto per la vita, non c’è gioia di vivere. A questo stato di cose cerco, attraverso questo mio cinema, di trovare e offrire una soluzione.
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