Franco Amurri


Il sogno di molti registi italiani è partire per l’America. Franco Amurri l’ha fatto, ed è tornato. Dopo Da grande con Renato Pozzetto, del 1987, Amurri ha fatto la valigia per girare Flashback con Dennis Hopper e Kiefer Sutherland, e Monkey Trouble con Harvey Keitel. Poi il suo desiderio di tornare a casa si è incontrato con la proposta di Aurelio de Laurentiis, che voleva proprio lui come regista del primo film dei Fichi d’India, Amici Ahrarara. Che dopo nove settimane di lavorazione a Roma e dintorni – altre location sono state escluse per non sforare dalla tabella di marcia – arriva nelle sale venerdì, in 200 copie. Budget finale, incluso l’home video, 8 miliardi e mezzo.

Dopo questa esperienza, che cosa pensa dei Fichi d’India come attori?
Bruno e Max sono due geni dell’improvvisazione, che hanno dovuto piegarsi alle regole di una comicità costruita, perché nel cinema non si può inventare niente all’ultimo minuto. Nel farlo, hanno scoperto un talento naturale per la recitazione, al di là del cabaret, anzi, cabarap, come lo chiamano. In un certo senso questo film è il contrario di Da grande: è la realizzazione vera di un sogno dell’infanzia, una cosa che si può fare soltanto da adulti.

Come si è trovato a lavorare con una produzione italiana dopo l’esperienza degli studios?
Negli Stati Uniti un regista deve confrontarsi con tanti interlocutori, che portano di volta in volta il cappello del creativo, quello dell’addetto al development, quello del distributore… In Italia no. Ma lavorando con Aurelio de Laurentiis, che ha collaborato anche alla sceneggiatura, non ho sentito molto la differenza. Spero che il nostro rapporto continui, come del resto è previsto, visto che Aurelio ha messo i Fichi d’India sotto contratto per cinque anni. Stiamo cercando la storia del secondo film, la parte più difficile dell’impresa.

Con la sua esperienza hollywoodiana, pensa che “Amici Ahrarara” troverà un acquirente negli Usa?
Per quanto riguarda gli Stati Uniti, non so, ma sono convinto che i Fichi d’India andranno molto bene in Francia. Lo penso da sempre, da quando ho visto i giornalieri delle prime riprese. Li sento come due comici francesi, surreali e stralunati. Del resto, Da grande ebbe un buon successo in Europa e grossi incassi soprattutto in Spagna. Ma dall’Europa a Hollywood la strada è lunga.

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12 Marzo 2001

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