Francis Ford Coppola: la mia seconda giovinezza


Il merito di questo ritorno di Francis Ford Coppola dietro la macchina da presa, dopo 10 anni di assenza, è di una vecchia amica dei tempi del liceo, studiosa dell’Oriente, che gli ha suggerito la lettura di un racconto scritto da Mircea Eliade, studioso rumeno di storia delle religioni. Ma è anche frutto del caso o meglio di un progetto filmico, Megalopolis, al quale da anni il regista lavora, ma rimasto per ora sulla carta. Quasi come Dominic il professore 70enne protagonista del suo Un’altra giovinezza, bloccato dalla incapacità di portare a termine il lavoro della sua vita, negli anni del nazismo. Miracolosamente ringiovanito, Dominic, interpretato dall’attore inglese Tim Roth, acquista facoltà mentali straordinarie che l’aiutano a completare il suo libro sul linguaggio umano, il tempo e la coscienza. In fuga da scienziati nazisti, dopo la guerra ritrova in esilio il grande amore di una donna, che credeva di aver perduto per sempre. “Si può vedere il film come una storia faustiana: un uomo anziano torna giovane, ha l’opportunità di finire la sua grande opera e di innamorarsi di nuovo, ma non riesce a finire l’opera perché s’innamora… è il suo sacrificio estremo”, spiega l’autore. Dominic sarà infatti costretto a scegliere.

Un’altra giovinezza è ricco di potenti simbologie rappresentate dal fulmine, dalla rosa, dal doppio e dalla reincarnazione. Coppola non parla in conferenza stampa con facilità del suo lavoro e le domande più sciocche le gira con un po’ di cattiveria e ironia al suo montatore Walter Munch e agli attori Alexandra Maria Lara e Tim Roth. E subito torna su alcune sue polemiche dichiarazioni, apparse sui giornali, a proposito di Pacino, Robert De Niro, Jack Nicholson. Si scusa in pubblico: “La colpa di tutto ciò è del ‘Daily News’ che ha messo insieme alcune mie affermazioni tra cui forse una in cui parlavo della pigrizia di alcuni attori”.

 Come definirebbe il suo film?
Una fiaba crepuscolare alla Borges, epica, attraverso tre decenni, che affronta temi come il tempo, i sogni, la coscienza e l’amore. Non è un’opera inaccessibile, di cui il pubblico è costretto a dipanare la storia. Una fiaba che ha richiesto diverse location e poi carri armati, treni, costumi, parrucchieri. Doveva essere un film a basso costo.

Questa volta ha scritto, diretto e prodotto il film.
Ho sempre voluto essere un cineasta indipendente, ma mi è stato possibile realizzare film personali solo in tarda età. Nel corso della mia carriera ho avuto sempre grandi difficoltà a realizzare film d’autore o d’avanguardia. La conversazione è stato possibile solo dopo il successo de Il padrino. Non voglio essere solo un regista d’intrattenimento.

Come ha affrontato il testo di Mircea Eliade?
Girare un film è come porsi una domanda, questa volta era sulla coscienza e in che modo funziona. Una volta realizzato si ha la risposta finale. E poi il cinema si coniuga bene con la poesia piuttosto che con la finzione narrativa. La metafora è la sua migliore espressione.

Come ha scelto Tim Roth?
Avevo visto alcune prove eccezionali di recitazione di Tim in ruoli da cattivo come ne Le iene e Pulp Fiction. Mi stimolava sperimentarlo in una situazione differente, impersonando questo professore amabile e timido, colto e affascinante.

Come ha scelto le musiche?
Cercavo un compositore di musica classica, sapete io vengo da una famiglia di musicisti e ho trovato Osvaldo Golijov, un compositore argentino che vive a Boston.

Come è stato lavorare in Romania?
E’ un paese di grande tradizione teatrale e musicale, perciò ho affidato circa 50 ruoli ad attori rumeni. E poi in questa terra fanno del buonissimo vino, tanto che ho chiesto loro se sono stati i Romani a insegnare loro questo mestiere o viceversa.

 

Ha pensato a come il pubblico accoglierà la pellicola?
Quando ci si avventura in un film inusuale, che non è una replica, al pubblico occorre tempo perché il film si depositi, come è avvenuto per Apocalypse Now. Non mi preoccupo delle reazioni immediate, mi basta che l’opera venga giudicata interessante.

Come si vede dopo una così lunga carriera artistica?
Ricordo che da piccolo chiedevo a mio padre compositore come si collocava nella graduatoria dei musicisti e lui mi rispondeva: “Non sarò il migliore nel mondo, ma neppure il peggiore. Sto nel mezzo”. Mi sento così.

Girerebbe “Il padrino” parte quarta?
Perché dovrei. Non mi piace ripetermi.

Farebbe il remake di “La conversazione”?
Ogni remake è una perdita di risorse ed energie. Meglio investire i soldi in nuovi film.

autore
20 Ottobre 2007

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