Francesco Munzi: notte rumena alla Quinzaine


F.MunziE’ stato protagonista di un esordio folgorante con Saimir, che lo portò a competere nei migliori festival internazionali (dalla Berlinale alla Mostra di Venezia, dove ottenne la menzione speciale per l’opera prima), e ora, quattro anni dopo, Francesco Munzi rappresenta l’Italia alla Quinzaine des Rèalisateurs di Cannes. La sua opera seconda, Il resto della notte, è un film duro e rigoroso che ruota intorno a una città indefinita del Nord Italia, portando alla luce le drammatiche contraddizioni del nostro paese: una ricca famiglia alto-borghese e una banda di disperati rumeni, a cui s’accoda un delinquente italiano, le cui vite scorrono vicine e parallele nell’indifferenza, finché il confronto tra i due mondi non fa esplodere la tragedia.

 

Prodotto con circa due milioni di euro da Rai Cinema con il contributo del MiBAC, Il resto della notte è stato girato a Torino e provincia in 11 settimane con un cast di attori di razza, ma di certo insoliti per una produzione italiana: accanto a Sandra Ceccarelli e Stefano Cassetti (il protagonista di Roberto Succo), ci sono il francese Aurélien Recoing (A tempo pieno) e i rumeni Victor Cosma e Laura Vasiliu, protagonista di 4 mesi, 3 settimane, 2 giorni, Palma d’Oro del 2007. Alla vigilia della partenza per la Croisette Francesco Munzi ha raccontato a CinecittàNews la genesi del film, la cui uscita con 01 è prevista a giugno o in autunno.

Che tipo di film è Il resto della notte?
E’ un misto tra finzione e documentario. La prima ispirazione, soprattutto in termini di struttura e di approccio alla materia, è venuta da un testo letterario: “A sangue freddo” di Truman Capote che, con metodo quasi giornalistico, sviscerava un fatto di cronaca passando dal punto di vista delle vittime a quello dei carnefici. In questa alternanza c’era l’ambizione di raccontare un paese. Io ho preso una materia completamente diversa, cioè l’Italia di questi anni, e gli ho applicato quell’ispirazione. E’ una sorta di viaggio nell’Italia di oggi: la cameriera rumena che all’inizio viene licenziata è una sorta di Virgilio che ci conduce nell’altro mondo.

Si è ispirato a un preciso fatto di cronaca?
Non ad uno in particolare, ma è come se ne racchiudesse e sintetizzasse tanti che sono successi di recente nel nostro Paese. Durante le riprese purtroppo la mia storia è diventata sempre più attuale, ma quando abbiamo iniziato a scrivere, tre anni fa, la ‘questione rumena’ non esisteva ancora. Poi quest’inverno si sono verificati episodi sempre più gravi legati all’immigrazione da questo paese dell’Est.

Che Italia emerge da questo film?
Non ho voluto fare un trattato sociologico, piuttosto ho scelto di prendere degli estremi e di metterli in cortocircuito, in contraddizione. C’è una borghesia che vive chiusa in una villa in cui si comunica poco sia con l’esterno che all’interno. Il mio è un ritratto del ceto che comanda, che ha perso la capacità di interpretare il reale e si è chiuso nel proprio benessere, essendo anche incapace di goderselo. Fuori, invece, c’è un mondo reale che pulsa, con il sottoproletariato estremo degli immigrati rumeni che nel film, e forse anche nella realtà, si dibattono tra l’essere un po’ servi o diventare briganti. In Il resto della notte i rumeni rubano, ma non voglio affatto attribuire loro questo marchio, né volevo dividere i buoni dai cattivi. Mi identifico con tutti e con nessuno dei miei personaggi. Provo distacco e nello stesso tempo empatia nei loro confronti.

Il direttore della Quinzaine di Cannes ha definito il suo film molto politico.
Innanzitutto sono contentissimo di partecipare alla Quinzaine, una sezione in cui c’è ancora spazio per film che sperimentano, soprattutto dal punto di vista linguistico. Il mio film ha una dimensione politica perché sceglie di raccontare in modo estremo le contraddizioni del paese, senza offrire facili vie di uscita. Così la mia opera provoca e non fa redimere nessuno. Lascia allo spettatore il compito di ragionare, e semmai alla politica di trovare delle soluzioni.

Che cosa pensa della selezione italiana a Cannes?
Sono strafelice non solo per il numero di film selezionati, ma anche per la loro qualità. Credo che Matteo Garrone e Paolo Sorrentino siano tra i migliori registi italiani del momento, fanno parte della mia stessa generazione e il loro è un cinema ardito, con una precisa visione del mondo e del linguaggio. Sono contento che ci sia questo accostamento tematico: la scelta di queste pellicole in particolare dà un segnale molto forte sia dal punto di vista politico sia da quello cinematografico.

Che idea si è fatto delle polemiche intorno al futuro della Festa di Roma?
Non la conosco a sufficienza per dare un giudizio articolato. Tuttavia non credo che una Festa dedicata esclusivamente al cinema italiano sia interessante, né mi sembra altrettanto interessante che venga dedicata solo agli attori e agli aspetti più glamour. Quello che in realtà ci vorrebbe alla Festa di Roma, come in ogni altro festival, sono i migliori film possibili.

autore
21 Maggio 2008

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