Sovversiva per amore. E’ Sarah, protagonista di Signora, commedia di Francesco Laudadio.
Fascinosa americana sposata ad un conte dell’Italia fascista, si innamora di un cospiratore anti regime. Per errore lo fa incarcerare e spedire al confino. Pur di raggiungerlo nell’isola di Ventotene scatena lo scandalo inneggiando alla libertà di fronte al re e ai gerarchi.
Sonia Aquino veste i panni della contessa, Paolo Seganti è l’amante, l’ingegnere delle acque Guido Mori, Urbano Barberini è il marito Marcello. Nel cast anche Angela Finocchiaro, Yorgo Voyagis, Maurizio Donadoni e Marcello Catalano. Il film arriverà in sala il 21 maggio distribuito da Gruppo Minerva International.
Come è nata l’idea del film?
Ho trasfigurato un episodio accaduto ad un amico in gioventù. Era un leader del movimento studentesco di Bari, la mia città. Ebbe una storia d’amore con una donna sposata. Troncò bruscamente la relazione. Lei, pazza di gelosia, lo fece seguire da un investigatore privato per scoprire i suoi tradimenti. Il detective, che era un ex poliziotto, non solo confermò i suoi sospetti ma passò tutta la corrispondenza del ragazzo alla polizia. Dimostrava i suoi rapporti con le nascenti Brigate Rosse. I brigatisti contavano su di lui per fondare una cellula pugliese, il mio amico era contrario ma finì nei guai. Ho trasferito la storia nel ventennio fascista immaginando che allora una relazione potesse costare la galera.
I riferimenti storici e cinematografici?
Quelli storici sono L’isola, l’autobiografia di Giorgio Amendola, storico dirigente del Pci, e la figura di Altero Spinelli a cui è ispirato il personaggio di Guido Mori.
Al confino, Spinelli scrisse Il manifesto di Ventotene dove per primo esprimeva l’idea dell’Europa Unita, sulle cartine delle sigarette. La sua compagna riuscì a portarle fuori dall’isola e renderle pubbliche. Il riferimento cinematografico è la tradizione della commedia italiana che si è accostata ai periodi tragici con toni grotteschi e satirici. Il mio maestro è Monicelli che nel film La grande guerra racconta il conflitto attraverso 2 cialtroni.
Il confino nell’isola di Ventotene è rappresentato in modo forse troppo idilliaco…
Abbiamo girato le scene sull’isola il primo giorno delle riprese. Era una giornata splendida ma non c’era nessuna intenzione di mettere in discussione la durezza del confino. Nel mostrare l’unione di Sarah e Guido abbiamo scelto di forzare la realtà: il regime non permetteva ai confinati non sposati di vivere insieme. Amendola sposò Germaine un giorno prima della partenza per permettergli di raggiungerlo.
La totale inconsapevolezza politica della protagonista è quasi irritante.
E’ una donna superba, sposata con un personaggio in vista, amica di ministri fascisti. Attraverso Guido prende lentamente coscienza. Sceglie il confino per amore ma rimane un’alto borghese anche in galera.
Il film è ambientato a Sabaudia. Perché questa scelta?
L’architettura razionalista di Sabaudia mi ha sempre affascinato e l’ho sempre difesa dal disprezzo tutto ideologico della mia ex-moglie, architetto che sentenziava: è robaccia fascista.
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