Francesco Fei


Una presenza femminile sfuggente in un paesaggio postindustriale, uno stile visuale raffinato e sonorità elettroniche.

OndeCosì il fiorentino Francesco Fei ha conquistato Sandra den Hamer, direttrice del festival di Rotterdam. L’esordiente 38enne, regista di decine di videoclip e spot pubblicitari, debutterà con Onde il 29 gennaio nella prestigiosa vetrina olandese. Correrà per il Tiger Awards al fianco di Nemmeno il destino di Daniele Gaglianone.

Il film, girato a Genova tra tunnel in penombra e spazi aperti pieni di luce, mette in scena l’incontro tra Luca, musicista cieco, e Francesca, segnata da una voglia sul volto. Li interpretano Ignazio Oliva e Anita Caprioli.

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Che cosa pensi della selezione a Rotterdam?
Spero sia una buona occasione per trovare una distribuzione in Italia, anche se nel nostro paese il festival non ha la risonanza che meriterebbe. L’accostamento tra me e Gaglianone mi ha reso felice. Nemmeno il destino è un film emotivamente rischioso, frutto di una grande passione.

La prima scena del film, ambientata in una nave, è dominata dal un bianco abbacinante. Un riferimento a Kubrick di “2001. Odissea nello spazio”?
Non è una citazione studiata. Forse un riferimento inconscio. Adoro i registi che lavorano sulla prospettiva e il significato degli spazi. Senza dubbio la steady cam di Kubrick in Shining e l’uso della prospettiva di Antonioni in Deserto rosso pesano sulla mia formazione. In Onde ho curato più lo stile visuale che la psicologia dei personaggi.

Parlaci di Francesca, la protagonista.
Il film segue il suo percorso interiore. E’ una vittima dei suoi difetti. Vive in apnea, incapace di convivere con i propri limiti e afferrare le possibilità della vita. Un personaggio ambiguo: gradevole quando si trucca, sgradevole quando non lo fa. Ho scritto il ruolo pensando ad Anita che aveva conosciuto girando un videoclip dei Verdena. E un’attrice straordinaria, dal potenziale poco fruttato.

OndeIl film è prodotto da Apnea, marchio che hai creato ad hoc. L’iter produttivo?

Nel 2002 ho chiesto l’art.8. Mi è stato negato. Allora ho deciso di fare tutto da solo a Milano, in totale libertà, lontano dall’ambiente produttivo romano. Il film è costato 450.000 euro, ma la qualità visiva è nettamente superiore al budget. Ho girato in Super16, montato in alta definizione e stampato in 35mm. All’inizio volevo ambientare il film a Londra. I costi però erano proibitivi e ho scelto Genova. Ho passato un mese in città riscrivendo gran parte della sceneggiatura. Ho girato per 6 settimane, gli attori e la troupe hanno lavorato al minimo sindacale. Il montaggio è del giovane Claudio Bonafede. Le musiche di Rafael Toral, William Basinsky, King Crimson, Verdena e Talk Talk.

Nel film la visione è spesso mediata da videocamere a circuito chiuso boicottate da attivisti armati di bomboletta spray.
Mi sono ispirato ad alcuni attivisti che operano anche a Milano. In sceneggiatura il tema del videosorveglianza era sviluppato attraverso il ruolo della madre di Anita, esperta di tecnologie di controllo. L’ho tagliato per evitare di cadere nella denuncia esplicita. Nel cinema amo il non detto.

Pensi ad un nuovo film?
Mi piacerebbe lavorare sull’alterazione di coscienza, gli stati di premorte e uscita dal corpo. Sto leggendo Psicologia del futuro di Stanislav Grof, fondatore della psicologia transpersonale che per 30 anni ha praticato terapie con l’LSD. Vorrei fare un film che abbia l’intelligenza e l’appeal commerciale di Se mi lasci ti cancello.

Altri festival in vista dopo Rotterdam?
Andrò all’Infinity, il festival di Alba diretto da Luciano Barisone, uno dei maggiori sostenitori del progetto.

autore
26 Gennaio 2005

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