“Abbiamo scritto la sceneggiatura basandoci su Fermo e Lucia, la prima versione de I promessi sposi di Alessandro Manzoni, che apparteneva al periodo illuminista dello scrittore, quando ancora non si era convertito al cattolicesimo”.
Parole di Francesca Archibugi che questa mattina ha raccontato agli studenti dell’Università di Siena La vera storia di Renzo e Lucia, il suo film tv in due puntate da 10 milioni di euro e, insieme agli attori Stefano Scandaletti (Renzo) e Paolo Villaggio (Don Abbondio) ha presentato un promo di trenta minuti al Festival Terra di Siena organizzato Da Maria Pia Corbelli e sponsorizzato dal Monte dei Paschi.
“Non sappiamo ancora se andrà in onda sulle reti Rai o Mediaset ma uscirà sicuramente a Natale” ha detto Raffaello Monteverde, produttore per Leader Cinematografica.
“I Promessi sposi è un romanzo ambientato nel ‘600 ma scritto nell’800. Un testo apocrifo dal quale mi sono permessa di realizzare un film apocrifo – continua l’Archibugi – Ho voluto rendere il più possibile la realtà quotidiana di quel periodo, segnato dai fondamentalismi del cattolicesimo. Renzo e Lucia vivono nel pieno della Controriforma”.
Parafrasando Rossellini dice: “Girare La vera storia di Renzo e Lucia mi ha fatto bene. Mi ha aiutato a capire meglio ciò che ora accade in nome della religione”.
Con “Renzo e Lucia” firma la sua prima regia televisiva. Perchè questa scelta?
Non è la prima volta che mi arriva una proposta per la televisione ma questa è stata la prima convincente. Per girare Renzo e Lucia ho interrotto un progetto per il cinema. È stata l’occasione giusta per fare un prodotto popolare con la massima libertà. L’ho realizzato come se fosse un film.
Infatti la fotografia non è da sceneggiato televisivo.
Stimo molto il lavoro di Pasquale Mari che ricordavo soprattutto in Teatro di guerra di Mario Martone. La luce è molto realistica e suggestiva. Abbiamo utilizzato un procedimento che rende i colori saturi, contrastati, ma leggermente decolorati.
Ci parli del cast.
Ho impiegato molto tempo a trovare Lucia (Michela Macalli, ndr.), un’esordiente di 16 anni. Di solito con gli attori si fa un lavoro di sottrazione, con lei è avvenuto il contrario. Laura Morante è la monaca di Monza. Un personaggio a cui ho voluto restituire dignità. E’ una donna costretta a diventare monaca all’età di tredici anni, che vive una storia d’amore tragica. Poi c’è Don Rodrigo, Stefano Dionisi, uno psicopatico. Il suo innamoramento per Lucia si traduce in un’avventura esistenziale.
Come reagisce la sua Lucia alle attenzioni di Rodrigo e cosa rappresenta questa piccola lavoratrice della filanda per un uomo ricco del ‘600?
Per lui possederla sarebbe una possibilità di salvezza, di scoperta di un altro io interiore. Ma è un tentativo che si traduce in una ricerca folle. Lucia è una ragazzina che di fronte alle attenzioni di questo signore ricco e potente è costretta a porsi degli interrogativi. Da una parte ha un uomo bello, affascinante e pazzo e dall’altra Renzo, capace di amare e di darle un equilibrio sentimentale. Della Lucia manzoniana ho tolto il lato divino, legato al concetto di Provvidenza. Don Abbondio è diverso da quello interpretato da Falconi nel film di Camerini e da quello di Alberto Sordi. Non è comico, né grottesco: è intelligente e sa cosa vuol dire mettersi contro i potenti.
Il romanzo si svolge in tre anni, dal 1628 al 1630. Il suo film?
Da un inverno a un’estate, fino allo scoppio della peste. Ho scelto di raccontare l’antefatto de I promessi sposi e indagare come si sono conosciuti Lucia e Don Rodrigo. Come e perché quest’uomo si è innamorato di lei. Poi ho proseguito sulla traccia del romanzo partendo dal punto dove si dice “questo matrimonio non s’ha da fare”.
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