“Il mestiere di selezionatore è di grande responsabilità: l’immagine che abbiamo oggi dell’Iran è stata modificata dai film di registi come Kiarostami, Panahi, Makhmalbaf, Majidi, Jalili… Scegliere film significa anche divulgare un’immagine di un Paese. L’idea che ho dell’Italia si è formata su tutti i film che ho visto”. Così François Da Silva, delegato generale della Quinzaine des Réalisateurs, commenta il suo esordio nell’incarico: chiamato a questo ruolo dalla SRF (Société des réalisateurs de Films, società che ha creato fin dal 1968 la specifica sezione dedicata ai registi) il 16 ottobre 2002, da quel momento, Da Silva ha girato, con il suo staff, 30 nazioni diverse per cercare film. Tamtamcinema lo incontra a Roma, nella hall di un albergo poco distante dal Pantheon, per capire chi è e quali impressioni ha tratto dal cinema italiano attuale.
Qualche indicazione sul suo passato professionale prima di tutto.
Ho lavorato per vent’anni nel mondo degli esercenti cinematografici. Il mio compito consisteva nel dirigere, programmare e animare tre sale di Marsiglia, città dove ho vissuto per molto tempo. Quelle sale sono diventate famose perché lì sono stati invitati tantissimi registi a parlare dei loro film. La mia attività si è in seguito allargata: nel 1998 il circuito di sale è arrivato a 7, alle quali poi se ne sono aggiunte altre 7 a Parigi, nella zona Bastille. Poi, stanco del mestiere, a giugno del 2001 ho lasciato tutto. Un anno dopo, nel settembre 2002, la S.R.F. mi ha chiamato, proponendomi una candidatura da delegato alla Quinzaine. Eravamo una trentina: alla fine hanno scelto me.
In questi giorni lei è impegnato a selezionare le pellicole italiane. Che idea si è fatto delle nuove produzioni?
Ho notato con piacere che in media 3-4 film su 10 si occupano di questioni sociali. I nuovi registi sanno raccontare la realtà, ma in quel particolare modo italiano che utilizza i codici della commedia.
La scorsa edizione della Quinzaine ha ospitato due pellicole italiane in concorso, oltre all’omaggio a Carmelo Bene. Cosa avviene quest’anno?
Ho già individuato una pellicola, ma vorrei arrivare a selezionarne due. Non intendo però in questo modo creare contrapposizioni fra autori. Categorie critiche come “film morettiano” e “film anti-morettiano” servono poco al cinema e ai cineasti. Io cerco voci che sappiano mettere in scena il reale in modo nuovo e del tutto originale.
La percezione del cinema italiano è migliorata in Francia?
C’è stato un piccolo cambiamento con Respiro di Emanuele Crialese, ma in fondo il mercato francese ha riaperto le porte alle pellicole italiane solo due anni fa. Tutto però fa sperare in una ulteriore diffusione del prodotto italiano nel nostro Paese, ma è necessario che il vostro governo non faccia mosse false. Il maggior problema in Italia riguarda il metodo di finanziamento dei film: una questione di ordine politico. Ci sono bravi cineasti italiani, ora sarebbe impensabile impedire loro di lavorare.
Come sarà la 35/a Quinzaine?
Quest’anno saranno rappresentati 20 paesi diversi (lo scorso anno erano 12, ndr). Una novità: oltre alla sezione dei lungometraggi, composta da 20 film, ci sarà una sezione dedicata ai corti, composta da altri 20 film della durata massima di 60 minuti. Ogni giorno alle 14, a partire da giovedì 15 maggio, sarà proiettata una selezione di cortometraggi di un’ora e mezza. I corti non sono aperitivi da accompagnare al lungometraggio: i corti sono pensati per essere visti in modo separato. Con questa sezione intendo porre la questione della diffusione in sala della forma breve. Per quanto riguarda i documentari, il problema è stato già posto grazie a Essere e avere di Nicolas Philibert e Bowling for Columbine di Michael Moore. Queste due opere hanno dimostrato che il documentario può essere distribuito con successo al cinema. Ora bisogna discutere del cortometraggio.
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