VENEZIA – “Tra le tante cose che mi hanno convinto ad andare sotto terra è l’idea di appartenere a quella dimensione cinematografica sotterranea, non ufficiale. Del resto, l’underground è una componente importantissima della nostra cultura: tutto nasce al buio, poi arriva la luce”. Lo ha detto Michelangelo Frammartino, che con Il buco ha vinto il Premio Speciale della Giuria di Venezia 78. “Mi auguro che il film raggiunga un pubblico internazionale, perché il cinema è apolide, usa un linguaggio universale. E io lavoro con la materia e riduco al minimo le parole, i dialoghi”, ha spiegato Frammartino. “Mi fa molto piacere che ci sia stato un riconoscimento – ha sottolineato – perché ci sono persone che hanno dato moltissimo per realizzare questo film. In Calabria, poi, i paesi dove abbiamo lavorato sono stati molto coinvolti e contenti di essere lo scenario della pellicola. E soprattutto ho voluto mettere in luce il poco conosciuto mondo della speleologia, che è un mondo di passione e con il film spero di poter ripagare questa generosità”.
Quanto alla giuria che con le parole della regista Chloé Zhao ha parlato della pellicola come di “un’esperienza metafisica sul rapporto uomo-natura”, il regista ha osservato: “Io non conoscevo il mondo del sotterraneo, è stato un amico che mi ha convinto a misurarmi con l’esplorazione delle caverne. In Calabria, nella zona del Pollino, fatta di calcare, esiste un paesaggio sotterraneo importante: è possibile frequentarlo perché ci sono bravi speleologi. E questa esperienza immersiva per certi aspetti ha a che fare con la metafisica”.
Quanto alla paura di andare sotto terra a fare le riprese, Frammartino ha raccontato: “Io non ho paura del buio o delle strettoie ma della verticalità, con un abisso che in questo caso si spinge fino a 700 metri di profondità. L’inizio della lavorazione è stato segnato dai timori, che però non ci hanno fermato. I primi giorni sottoterra sono stati un’esperienza forte, al di là delle paure. Sotto terra sparisce il ciclo notte-giorno e ci sono anche dei miraggi sonori. Tutto ciò desta meraviglia, stupore”.
Quanto al messaggio del film, Frammartino ha spiegato: “Abbiamo voluto raccontare la speleologia, cioè coloro che si prendono cura del buio e dell’informe. Gli speleologi tolgono una dimensione primigenia alla natura portando lo sguardo dell’uomo nel buio”. Infine l’omaggio alla sua Calabria dal palco: “Io sono calabrese, i miei genitori sono di Caulonia, nella zona di Reggio Calabria, e sento l’appartenenza alla mia terra molto forte. E’ una necessità raccontare la Calabria, mi piace l’idea di guardare verso Sud. Durante la cerimonia di premiazione ho detto che la Calabria è la regione più bella d’Italia e così mi sono guadagnato le vacanze per anni. Ma battute a parte, io sono dell’idea che la Calabria è una regione molto importante per capire l’Italia. Talvolta ascoltando le cronache sembra quasi che la Calabria non sia Italia, invece fin dalla geografia ricorda in tutto la nostra penisola e la sua cultura è specchio del paese. La Calabria è la regione più italiana”.
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