È possibile, se non necessaria, la collaborazione tra fondi pubblici e piattaforme di streaming ai fini del finanziamento di opere audiovisive? Se lo sono chiesto i partecipanti al panel Public Film Funding at a Crossroads, ospitato a Merano (Alto Adige) da Incontri#11, la film conference organizzata da IDM-Film Commission Südtirol (26-29 aprile). Il dibattito, che ha preso il nome dall’omonimo report sul finanziamento pubblico pubblicato di recente dalla svedese Film i Väst, e presentato a Merano dal suo autore Tomas Eskilsson ha visto produttori e rappresentanti di fondi pubblici confrontarsi su alcuni punti della ricerca, basata su più di 700 interviste a professionisti dell’audiovisivo, condotte nel 2021. La domanda di base è: si può “dormire con il nemico”?
“Quella degli streamer globali è una presenza positiva perché significa allargare il pubblico – ha esordito Sergio Garcia de Leaniz, project manager di Eurimages – anche se sarebbe interessante conoscere i dati dell’impatto di tale esposizione sul pubblico, ad oggi sconosciuti. Questa è una cosa che andrebbe discussa”. E ha specificato: “Ci sono due elementi che vogliamo preservare in questa coesistenza: l’uscita nelle sale nei paesi coproduttori come prima finestra, e che l’IP e il controllo creativo rimanga nelle mani dei produttori indipendenti. Sulla base di queste condizioni, siamo disposti a discutere caso per caso”.
“Per noi un film è per sua natura un progetto destinato alle sale, ma anche i contenuti concepiti interamente dagli streamer oggi hanno un’uscita theatrical”, osserva Iole Giannattasio, responsabile Attività internazionali, supporto legale e ufficio studi presso la DG Cinema e Audiovisivo del Ministero della Cultura. “Stiamo adattando le nostre norme per stare al passo con i nuovi modelli di business e di distribuzione, ma una cosa è certa: non si può non cooperare con gli streamer”. E ha ricordato: “Nel 2015 abbiamo creato il tax credit per supportare i produttori indipendenti consentendo loro di trattenere l’IP ed essere più liberi creativamente al cospetto dell’emittente di servizio pubblico. Oggi la tv pubblica è un player piccolo rispetto alle piattaforme. Resta importante che il contenuto creato per uno streamer o una tv sia creativamente indipendente, e questo può succedere solo se il produttore ha qualcosa da mettere sul tavolo”.
Diverso è il parere del produttore tedesco Henning Ferber, di Henning Ferber Filmproduktion: “Le piattaforme sono compagnie commerciali che commissionano contenuti, non dovrebbero essere finanziate perché il loro business model si basa sugli abbonamenti. L’obiettivo dei finanziamenti pubblici è far sì che i film vengano fatti, e le piattaforme non hanno bisogno di soldi pubblici per produrre film, nemmeno quelli locali”.
“Il punto da discutere è cosa sia pubblico. Ciò che è pubblico appartiene a me, è qualcosa che mi rende orgoglioso di essere italiano”, mette in chiaro Marco Alessi, CEO di Dugong Films. “La questione è se sei orgoglioso di dare il 40% di tax credit a Netflix: io lo sono se il film è di pubblico interesse, se ha un valore culturale. La discussione è aperta, ma una cosa è certa: il nostro scopo è diverso dal loro, il loro scopo è aumentare gli abbonati”.
“Come fondo regionale abbiamo supportato progetti in cui erano coinvolti gli streamer, ed è una grande responsabilità”, precisa Birgit Oberkofler, direttrice della Film Commission IDM Südtirol. “L’aspetto culturale è importante, certo, ma un progetto deve anche avere i suoi spettatori, poiché si tratta di soldi pubblici. Bisogna essere aperti, flessibili e andare nella direzione del mercato. Quello che facciamo noi è riunire piccoli produttori, fondi di sviluppo e player globali, perché abbiano accesso a cose nuove, eccitanti, a cui non avrebbero accesso senza il nostro aiuto”.
Una riflessione, infine, da parte di Tomas Eskilsson, responsabile della strategia presso Film i Väst e, lo ricordiamo, autore del report. “È importante capire la diversità – sottolinea – Prendiamo l’Europa dell’Est. La maggior parte dei produttori intervistati avrebbe voluto che le piattaforme arrivassero l’indomani stesso, per sopravvivere e per ragioni creative e artistiche. Non tutti i paesi sono così aperti e democratici: gli streamer a volte offrono migliori opportunità di raccontare la tua storia senza vincoli o limitazioni politiche”.
Articolo pubblicato in collaborazione con Cineuropa.org
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