Flow: un diluvio universale, ma senza umani

Dopo aver affascinato il Festival di Cannes e ottenuto quattro premi ad Annecy, il film del regista lettone Gints Zilbalodis arriva ad Alice nella Città e poi in sala, dal 7 novembre

FLOW_Un mondo da salvare

Dopo aver affascinato il Festival di Cannes e ottenuto quattro premi ad Annecy, Flow – Un mondo da salvare arriverà nei cinema italiani grazie a Teodora dal 7 novembre. Con la sua capacità unica di esprimersi attraverso un linguaggio universale e acclamato dalla critica internazionale, il film diretto dal talentuoso regista lettone Gints Zilbalodis è già tra i favoriti per gli Oscar, secondo ‘Variety’, e verrà presentato in anteprima italiana ad Alice nella Città.

In un mondo in cui l’umanità sembra essersi estinta, una grande inondazione costringe un gatto a rifugiarsi su una barca insieme a un gruppo variegato di animali. Tra scenari di straordinaria bellezza e pericoli inattesi, il viaggio insegnerà a tutti che la loro vera forza risiede nell’unità.

Zilbalodis è emerso sulla scena nel 2019, diventando un ‘caso’ al Festival di Annecy grazie al suo film d’esordio Away, un’animazione digitale che aveva interamente diretto, scritto, montato e musicato all’età di soli 25 anni. Cinque anni dopo, lo ritroviamo nella sezione Un Certain Regard con una vera perla nascosta della selezione di Cannes.

Flow rappresenta un’evoluzione rispetto alla sua opera precedente: un altro film d’animazione creato in modo quasi totalmente autarchico (questa volta co-scritto con Matiss Kaz), con una regia sorprendentemente matura. La straordinaria qualità tecnica si unisce a una chiara impronta stilistica.

Non è un cartone alla Disney, dove gli animali vengono antropomorfizzati. Gli animali restano animali e non parlano, se non con il linguaggio del corpo, non ci sono specifici riferimenti temporali, solo un evento di natura catastrofica, forse un riferimento al diluvio universale, con una compagnia di bestiole riunite su un’imbarcazione che potrebbe essere una nuova arca di Noè.

Ma senza Noè, senza alcun elemento umano (il protagonista, anzi, è felino), e dunque anche senza morale e senza moralismo. Gli animali – un cane, un gatto, un capibara, un lemure e una gru – vedono tutto con i loro occhi pieni di ingenuità e voglia di sopravvivere, e basta.

Sono sopravvissuti solitari, vaganti in un mondo che sembra appartenere a una civiltà scomparsa.

Dove stanno andando? Né noi né loro lo sappiamo. Il loro viaggio sarà pieno di sfide e paure, ma anche di stupore, enigmi e barlumi di coscienza primitiva.

“Tutto è iniziato con un cortometraggio che realizzai da adolescente – ha raccontato Zilbalodis – parlava di un gatto che aveva paura dell’acqua. Quando ho deciso di farne un film mi sono concentrato di più sul rapporto tra il gatto e gli altri animali, mentre nel corto c’erano solo il gatto e un uccello”. Questo cambiamento ha ampliato l’azione: “Volevo esplorare l’idea di un personaggio molto indipendente e autonomo che deve imparare a lavorare in gruppo”, una situazione simile a quella vissuta dallo stesso Zilbalodis, che in Away aveva fatto tutto da solo, mentre in Flow ha lavorato in team.

Se il gatto deve imparare a collaborare, il percorso del cane è opposto: “Vuole che gli si dica cosa fare, desidera far parte di un gruppo, ma finisce per scoprire come essere indipendente”. Questi percorsi divergenti danno vita a personaggi che funzionano ed emozionano, anche perché il regista ha scelto di non inserire avversari diretti: “L’unico antagonista è l’inondazione. È stato naturale, perché tutti sanno che i gatti odiano l’acqua, quindi questo crea un conflitto immediatamente comprensibile. Il corto era animato a mano e il gatto era molto più stilizzato, anche perché avevo 15 anni. L’uccello, invece, ora è più grande: inizialmente era un gabbiano, ma questa volta è un grande serpentario, perché volevo che fosse minaccioso. Prima penso al movimento della camera – spiega – e solo dopo a ciò che accade nella scena. È un film senza dialoghi, quindi ho dovuto trovare altri modi per trasmettere le emozioni dei personaggi, e uno di questi modi è la camera.”

Questo approccio innovativo evidenzia la narrazione visiva del film, in cui ogni inquadratura è accuratamente realizzata per evocare emozioni.

Quanto al messaggio del film, dice il regista: “Ho la mia idea di cosa significhi il film, ma è difficile spiegarlo a parole, dato che il film non ha parole. Direi che è importante fidarsi degli altri, ma rimanere indipendenti allo stesso tempo”.

Tra i commenti entusiasti VIP c’è quello del regista Guillermo Del Toro, che circa il film si è espresso in questo modo: “Magnifico, lascia senza fiato. É il futuro dell’animazione”.

Non ci sentiamo di dargli torto.

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