La caduta degli dei, Metti una sera a cena, Anonimo veneziano, Indagine su un cittadino al di sopra di ogni sospetto: sono molti i film importanti (e italiani) che hanno avuto come interprete (spesso centrale) la brasiliana Florinda Bolkan.
E lei, in tutta risposta, ha messo radici a Roma. Anche se in questi giorni l’abbiamo trovata a Milano, membro della giuria lungometraggi all’11° Festival del Cinema Africano.
Bella, radiosa e intensa come sempre, a presentare persino il suo primo film da regista.
Ha scelto di vivere a Roma perché in Italia spira un po’ d’aria di Brasile?
Non credo, il Brasile mi fa pensare, lì ci sono le mie radici. L’Italia è invece allegria, sono pazza di questo paese. Roma è poi una vacanza.
Cosa significa per una donna di cinema “giudicare” l’opera altrui?
E’ un po’ strano, ma in fondo anche molto naturale. Certo che il modo di valutare un film da parte di chi lo fa, o l’ha fatto, è diverso da quello di un giornalista. Ad esempio, noi sappiamo di più che cosa c’è dietro una pellicola, che cosa vuol dire fare un film. Avevo comunque già fatto alcune esperienze di giuria, prima fra tutte al festival di Locarno.
Che idea s’è fatta del cinema africano?
Lo credevo crudele, forte, anche violento. Ed invece l’ho scoperto molto dolce, qualcosa che impatta il cuore avvolgendolo tutto. Anche nel caso di personaggi “contro”, a tratti duri, come la figura del martire congolese Lumumba nell’omonimo film.
Ma lei è qui anche per presentare il suo primo film come regista?
E’ vero, s’intitola Non conoscevo Tururu. E’ la storia di quattro sorelle del nord est del Brasile che si reincontrano dopo molti anni in occasione di un matrimonio, e confrontano le loro vite. L’idea è nata da una mia considerazione: quella di meravigliarmi ancora nello scoprire donne che magari si sposano quattro volte nella vita, anche con noncuranza, e altre che aspettano lo stesso uomo fino alla fine dei loro giorni. Nel film ho voluto confrontare questi diversi approcci alla vita sentimentale. Descrivendo le piccole cose, soffermandomi sui dettagli, cosa che un regista, maschio, farebbe più fatica a fare.
Gli attori/attrici che passano dietro alla macchina da presa spesso provano questa esperienza agli inizi della loro carriera, lei ha invece atteso molti anni …
Sì, ma la cosa è avvenuta spontaneamente, da sé. Un giorno mi sono ritrovata a scrivere alcune pagine che all’inizio potevano essere un racconto, poi un soggetto teatrale, e invece alla fine si sono rivelate per quello che erano: un soggetto cinematografico. Da lì, il passaggio alla regia è stato diretto. Al punto che mi sono chiesta perché non l’avessi fatto prima.
”Non conoscevo Tururu” avrà una distribuzione?
E chi lo sa. Le regole della distribuzione sono uno dei lati più misteriosi del cinema …
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