Florestano Vancini


Florestano Vancini, che oggi ha 79 anni, ha inseguito per vent’anni E ridendo l’uccise. Il progetto, la messa in scena di una faida interna alla Corte Estense nella Ferrara di inizio 500, è stato bocciato per ben 2 volte dalla Commissione consultiva per il Cinema che riconosce le pellicole di interesse culturale nazionale. Alla fine degli anni ’90 sembrava destinato al fallimento ma l’incontro tra il regista, pronto ad abbandonare il cinema, e i produttori Renata Rainieri e Ugo Tucci l’ha rilanciato.
Nell’aprile 2002 è arrivato l’ok della Commissione, le riprese sono cominciate qualche mese dopo tra Belgrado, dove è stata ricostruita la Ferrara rinascimentale, e Tivoli, a Villa D’Este. Vancini ha diretto un cast di giovani attori, molti provenienti dal teatro: Sabrina Colle, Ruben Sigillo, Marianna De Micheli, Giorgio Lupano, Carlo Caprioli, Vincenzo Bocciarelli, Fausto Russo Alesi. Protagonista, nei panni del giullare di corte, è Manlio Dovì. Ennio Morricone firma le musiche, Lia Morandini i costumi ispirati alla pittura dellepoca e dai quadri del Guercino, tra i primi artisti a rappresentare il popolo.
Il film, realizzato con un budget di oltre 4 milioni di euro, uscirà il 15 aprile con l’Istituto Luce dopo l’anteprima obbligata a Ferrara, la città a cui il regista è legatissimo.

 

Vancini, perché tante difficoltà nella realizzazione di questo progetto?
Ho iniziato a far circolare il primo soggetto di 40/50 pagine molti anni fa. I produttori erano diffidenti verso il film storico. Sono troppo costosi e poco amati dal pubblico dicevano. Ma quel che più mi ha amareggiato sono state le motivazioni della Commissione che ha negato l’interesse culturale nazionale al film. Le ho trovate offensive e stupide. Eppure il cuore del film è il Rinascimento, un miracolo prodotto dall’Italia a cavallo tra 400 e 500, un patrimonio con cui conviviamo tuttora ma da cui il cinema italiano ha attinto poco. Ermanno Olmi lo ha fatto con Il mestiere delle armi, un film che mi ha sedotto per il suo rigore.

 

Chi sono i protagonisti di “E ridendo l’uccise?”
Sono i quattro fratelli d’Este, in guerra per la conquista del potere. Poi due personaggi femminili opposti: Lucrezia Borgia, sposa del primogenito Alfonso, Duca D’Este, e Martina, una prostituta che affronta un percorso di trasformazione. A corte vive anche Ludovico Ariosto, allora appena trentenne. Poi cè Moschino, il giullare, un personaggio inventato attraverso il quale racconto la quotidianità del popolo. Al centro della pellicola cè la doppia faccia del Rinascimento: quella dei palazzi e quella delle strade.

 

Ci racconti il lavoro sulle scenografie.
Abbiamo girato gli interni a Villa D’Este, fatta costruire da Ippolito II, figlio di Alfonso D’Este e Lucrezia Borgia. Per le riprese in esterno invece abbiamo ricostruito negli studi di Belgrado la Ferrara del Rinascimento. A Ferrara, la mia città, le tracce del passato sono mescolate al presente. Del Palazzo Ducale rimane solo il cortile trasformato in una piazza. Così lo abbiamo riprodotto anche grazie agli effetti digitali.

 

Da dove viene il titolo?
Dai versi di Antonio Cammelli, detto il Pistoia, un poeta minore che viveva ai margini delle corti di Ferrara e Mantova. Ha scritto circa 300 sonetti: satira graffiante contro il potere e tanti episodi della vita quotidiana. Nell’immensa bibliografia da cui ho attinto ci sono anche le Satire di Ariosto, scritti venati da forti segni di insofferenza verso la vita da cortigiano.

autore
14 Aprile 2005

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