Ferzan Ozpetek


F. Ozpetek“Ciascuno di noi ha due cuori, ma uno dei due cuori eclissa l’altro, ma se ognuno di noi riuscisse, anche per un solo istante, a intravedere la luce del suo cuore nascosto, allora capirebbe che quello è un cuore sacro e non potrebbe più fare a meno del calore della sua luce”.
E’ nelle parole della madre della protagonista Irene/Barbora Bobulova che si condensa il senso più profondo di Cuore sacro, il nuovo film di Ferzan Ozpetek, scritto ancora una volta insieme a Gianni Romoli, che firma la produzione con Tilde Corsi. E tornano anche le musiche di Andrea Guerra.
Il regista è convinto che questo sua nuova opera, distribuita da Medusa a partire dal 25 febbraio, susciterà polemiche, discussioni, e dà un consiglio al pubblico: una volta vista lasciatela depositare dentro di voi.
“E’ il mio film più difficile, ma ora me lo posso permettere. Un film che ha avuto una gestazione di 5 anni, all’origine doveva essere girato a Instanbul con protagonista un industriale, poi ho pensato a Napoli, ma era una città che non conoscevo così bene come Roma”.
Barbora Bobulova è l’imprenditrice di successo alle prese con l’antico palazzetto di famiglia da trasformare in monolocali redditizi. Ma l’incontro con quei luoghi familiari, con il fantasma rimosso della madre, e con la giovanissima Benny la spingono a intraprendere un viaggio interiore fino ai limiti della ‘follia’ dell’altruismo.
Nel cast Lisa Gastoni, un ritorno dopo anni di assenza dal set, i giovani Andrea Di Stefano e Massimo Poggio, l’adolescente Camille Dugay Comencini, oltre a due attrici di esperienza teatrale come Michela Cescon (Primo amore) e Elisabetta Pozzi.

B. BobulovaQuanto di francescano c’è nel personaggio di Irene con questa sua spogliazione finale?
Mi hanno influenzato tanti santi, c’è anche san Francesco. Ma c’è Mevlana, il capo spirituale dei dervisci. E poi ci sono gli esempi concreti della vita di tutti i giorni che vengono da persone che si sacrificano, che si danno agli altri.

Non le sembra di aver esagerato a volte i toni del film?
No, nella sua prima versione la sceneggiatura aveva elementi che scioccavano lo spettatore. Non è stato facile mantenere l’equilibrio narrativo. Un’inquadratura in più o in meno può infatti far precipitare la scena da un momento all’altro.

Quanto il suo film è politico?
Premesso che la politica non pensa all’uomo della strada, ai suoi problemi e bisogni quotidiani. Non sono mai stato un regista che racconta problematiche sociali in modo diretto. E in questo film le nuove povertà non sono il centro della storia, costruiscono semmai il contesto in cui matura la crisi d’identità d’Irene.

Quant’è invece religioso?
Non mi pongo domande di questo genere, o problemi di fede, sono un laico. Scivolo tra tante religioni. I miei interrogativi riguardano l’esistenza dell’uomo: il senso della vita, la perdita delle persone care, come trovare traccia di loro intorno a noi, come poterle di nuovo incontrare.
Non affronto con Cuore sacro un discorso religioso, piuttosto provo a raccontare le emozioni. E quando giro un film non seguo la logica, ma sul set devo provare emozioni.

A. Di StefanoHa chiesto la collaborazione della Comunità di Sant’Egidio?
Grazie a loro ho scoperto i luoghi dove vivono e vengono aiutati i nuovi poveri. Sono loro infatti ad aver preso il posto dei clochard e rappresentano la grande emergenza della nostra società. E ho conosciuto persone che a loro si dedicano in modo commovente. In una società sempre più volgare ho trovato questa novità cioè persone che aiutano e s’aiutano. Ma non ho voluto parlare in modo politico di questa solidarietà, non è da me. Ho raccontato invece una crisi d’identità, un fatto che può accadere a tanti altri. Non ci capita forse spesso di sentirci in colpa incontrando una persona in difficoltà?

E il finale?
Non raccontiamolo per favore, diciamo solo che mi piacciono le coincidenze della vita.

autore
21 Febbraio 2005

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