Fernando Solanas


F. SolanasDonne che usano l’inno nazionale per opporsi all’usura delle banche e alle aste giudiziarie; giovani preti di periferia che promuovono marce contro le mafie della polizia; maestri che gestiscono mense per bambini, operai che occupano e recuperano fabbriche; piqueteros che bloccano le strade. Accade nell’Argentina raccontata da Fernando “Pino” Solanas in La dignità dei nessuno (sezione Orizzonti di Venezia 2005), il film documentario che riprende il discorso avviato con Memoria del saccheggio, la lucida riflessione sulle conseguenze delle relazioni pericolose tra i governi di Carlos Menem e De La Rua, la Banca Mondiale e il Fondo Monetario Internazionale. Orso d’oro alla carriera a Berlino 2004, autore di film memorabili come L’ora dei forni e Il viaggio, Solanas racconta genesi e sviluppi del progetto sull’altra storia argentina, quella cominciata nel dicembre 2001 quando nelle strade di Buenos Aires risuonava lo slogan “Que se vayan todos” lanciato contro l’intera classe politica.

Solanas, qual è la relazione tra “Memoria del saccheggio” e “La dignità dei nessuno”?
Nel 2002 volevo fare una nuova Ora dei forni sui movimenti sociali argentini, ma subito ho capito che sarebbe stato impossibile in un solo film. Così ho cominciato con Memoria del saccheggio, analisi del genocidio sociale causato dal potere neoliberista in un paese dove, dal 1998 al 2001 oltre 100mila persone sono morte di denutrizione. In La dignità dei nessuno ho raccolto le storie di eroi anonimi che hanno reagito alla mancanza di cibo e lavoro con un’etica di cooperazione e solidarietà. Le riprese sono durate 40 giorni, ma alla base c’era un rapporto di fiducia costruito con i movimenti negli anni. Ero l’unico autorizzato ad usare la macchina da presa ai funerali di Dario Santillan, piquetero 21enne ucciso della polizia il 26 giugno 2002. Il protagonismo popolare è vivissimo anche in Venezuela e in Ecuador mentre in Brasile assistiamo alla tragedia grottesca di episodi di corruzione nel governo di Lula e nel Partito dei lavoratori.

La dignidad de lo nadiesIl progetto sull’Argentina comprende altri 2 film. Che temi toccheranno?
Argentina latente affronterà il tema del recupero dell’autonomia economica e delle risorse nazionali. In passato il paese ha fatto cose straordinarie nei campi dell’educazione e della sanità. Guardo a quelle esperienze con lo sguardo rivolto al presente e oltre per rilanciare la possibilità di un nuovo progetto di sviluppo. Poi verrà La rivolta della terra che partirà dall’espropriazione delle terre ai danni dei popoli indigeni e a favore delle imprese straniere, da Benetton a Soros.

All’inizio di “La dignità dei nessuno” c’è una critica all’incapacità dei movimenti argentini di proporre un’alternativa politica. Perché?
Nel 2001 il popolo è sceso per le strade contro il modello di globalizzazione imposto da Menem e De La Rua. Nei primi 8 mesi del 2002 l’Argentina ha conosciuto un processo di democratizzazione stupefacente. Tutto il paese era in assemblea permanente, ma la sfiducia nella classe politica era tanta che il movimento ha avuto paura di diventare esso stesso classe politica ed è mancata la volontà di darsi un’organizzazione.

Lei non è tenero neppure con il presidente Nestor Kirchner, eletto nel 2003.
Sono un progressista e nemico assoluto della corporazione dei politici professionisti. Voglio il rinnovamento permanente. A Kirchner faccio tanto di cappello ad ogni azione positiva: ha portato molti cambiamenti nel neoliberismo, ma lavora sempre dentro quel modello. Si è mosso benissimo sui diritti umani e con il suo governo si registra una crescita economica del 9% l’anno, ma non c’è ridistribuzione delle ricchezze. Questa è la posizione di gran parte dei progressisti argentini.

“La dignità dei nessuno” è dedicato a Fernando Birri e Valentino Orsini. Perché?
Per gratitudine. Birri è un grande uomo, un cineasta e un poeta che ha fondato scuole di cinema in Argentina e a Cuba ed è stato maestro di alcune generazioni di registi in America Latina. Valentino Orsini, regista dalla fiamma anarchica, nel 1968, quando in Argentina c’era la dittatura, mi ha invitato a venire in Italia a finire L’ora dei forni negli studi dell’Ager Film di Roma, gestita insieme ai fratelli Taviani.

autore
06 Settembre 2005

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