Federico Zampaglione: la mia horror nostalgia


COURMAYEUR – E’ un horror puro con dei risvolti politici il secondo film di Federico Zampaglione dopo l’esordio con la black-comedy Nero bifamiliare. Continuando il suo impegno su più fronti artistici – è arrivato al successo come leader del gruppo musicale Tiromancino e ora ha fondato “The Alvarius“, a cui si deve la colonna sonora della pellicola – Zampaglione stavolta ha puntato al mercato internazionale girando il film in lingua inglese e con attori non italiani. Prodotto dalla Blu Cinematografica di Massimo Ferrero con un budget di poco più di un milione di euro, Shadow segue le tracce di David (Jake Muxworthy), un giovane marine di ritorno dall’Iraq che, per dimenticare gli orrori della guerra, raggiunge l’Europa per una gita in bicicletta tra i boschi. Lì incontra Angeline (Karina Testa), con cui contina il suo viaggio che, poco a poco, si trasforma in un incubo: si ritroverà imprigionato in una sorta di museo degli orrori in preda alla violenta follia di Mortis (l’impressionante Nuot Arquint), terrificante emulo del nazista dottor Mengele.
Già venduto in 9 paesi e mostrato con successo in diversi festival internazionali di genere (tra cui il Fright Fest di Londra e il Sitges), Shadow sarà nelle sale alla fine di febbraio 2010 con la Bolero Film. Al Noir in Festival di Courmayeur, dove Shadow è in anteprima italiana, la proiezione è accompagnata da un mini-concerto degli Alvarius, “un gruppo che fa musica psico-rock e che è figlio dell’esperienza del film, ma che avrà anche una sua strada autonoma, visto che sono in programma diverse esibizioni dal vivo prossimamente”.

L’idea per il film è nata davvero quando ha fatto una gita in bicicletta per i boschi con la sua compagna Claudia Gerini e a un certo punto ha temuto di averla persa?
Sì, effettivamente è accaduto, ma è stato solo uno spunto per passare all’azione rispetto a un desiderio che avevo da tempo. Ho realizzato Shadow da fan del genere horror italiano degli anni ’70, colto da una profonda malinconia per quel cinema, quelle atmosfere, quei momenti inquietanti, ho voluto riportare in vita quel mondo che amo tanto.

Il finale, che non riveliamo, ha un forte risvolto politico.
A volte nelle storie horror si cercano i mostri e non si sa più che inventarsi, ma basta leggere i giornali per trovare storie terrificanti. Moltissimi fatti che riguardano le guerre ci vengono tenuti nascosti, i feriti, le torture…  Dietro quello che ci lasciano vedere e sapere c’è molto di più, e di molto peggio. Ma non considero Shadow un film politico o di denuncia, quanto piuttosto un horror puro.

In Shadow c’è un riferimento anche a George W. Bush
Sì, anche perché si fa riferimento alla guerra in Iraq. L’ho messo vicino a Hitler e Stalin perché ha portato tanta gente a morire. Non ho mai condiviso la sua politica. Tra l’altro ho notato che alle proiezioni il pubblico scoppiava a ridere quando compariva il ritratto di Bush nel film.

Si è ispirato a qualche film in particolare per questa storia?
Sicuramente a pellicole come Allucinazione perversa, Un tranquillo weekend di paura, Non aprite quella porta. Mi piacerebbe dedicare Shadow a tutti gli appassionati delusi dalla scomparsa di questo tipo di cinema, e vorrei che i produttori italiani la smettessero di non fare altro che teen-movie, cinepanettoni o drammi minimalisti e tornassero a queste storie di genere.

Tornerà al genere horror per un suo eventuale terzo film?
Sì, ho già quasi finito di scrivere Opium, una storia ambientata a Londra e di nuovo interpretata da un cast internazionale. Sarà un horror che ha che fare con le dipendenze e penso di iniziare a girarlo a gennaio.

autore
12 Dicembre 2009

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