Federico Zampaglione: “Il mio giallo anni ’70 venato di modernità”


COURMAYEUR – “Datemi un regista con un sogno, o un incubo, e io lo realizzerò”. E Claudia Gerini, protagonista e musa ispiratrice del compagno musicista Federico Zampaglione, nel suo ultimo film Tulpa ha dato davvero tutta se stessa, espondendosi in scene piuttosto estreme di sesso (non solo etero) e violenza. Dopo aver realizzato la black comedy Nero bifamiliare e l’horror Shadow, ora Zampaglione è passato in concorso al Noir in Festival di Courmayeur con la sua terza prova, un giallo “al femminile” ma zeppo di truculenti omicidi e di erotismo torbido, per omaggiare un certo cinema anni ’70 italiano con cui il regista-musicista è cresciuto. La protagonista è proprio Claudia Gerini nei panni di Lisa Boeri, una manager facoltosa e totalmente dedita al lavoro nella finanza, tranne quando cala la notte e si concede la libertà selvaggia nel sex club Tulpa, dove dà sfogo alle sue fantasie erotiche con persone di cui non conosce l’identità. E che poi, suo malgrado, finiranno tutte brutalmente assassinate da un misterioso personaggio con i guanti neri. Tra le vittime c’è Ivan Franek, mentre Michele Placido si ritaglia il ruolo di ambiguo boss in azienda e Michela Cescon quello di amica del cuore. Passato al Sitges e al FrightFest di Londra, Tulpa è prodotto da Italians Dream Factory e arriverà nelle sale a metà del 2013 con Iris Film

 

Zampaglione, come nasce Tulpa?

Volevo fare un giallo nello stile di quelli con cui sono cresciuto negli anni ’70, di Bava, Argento, Fulci. Non è un caso se ho scritto questo film con Dardano Sacchetti che, quando ci siamo incontrati per parlarne, mi ha chiesto subito ‘Quanti morti vuoi?’.

 

Però qui ci sono anche elementi legati all’attualità.
Sì, ad esempio si parla di crisi e di globalizzazione, anche grazie al personaggio di Michele Placido che soffre di dover parlare inglese, e di sex-club, un fenomeno dilagante. Ma ho voluto mettere modernità anche nella regia, con un forte uso della macchina a mano per un linguaggio frenetico e sporco, e con l’utilizzo di effetti speciali innovativi, che mescolano come mai prima l’analogico e il digitale offrendo una risultato tremendamente verosimile.

 

E’ il suo terzo film, e per la terza volta cerca di far paura.

L’horror mi diverte da quando ero bambino. Semmai a farmi paura sono le lettere di Equitalia.

 

Quanto è stata importante Claudia Gerini per la genesi di Tulpa?

Senza di lei non sarebbe esistito. Volevo fare un giallo pieno di omicidi e con tanto erotisimo, come si usava una volta, e Claudia è la perfetta “screen-queen”. Poi in questo film tutto è in mano alle donne, gli uomini sono solo delle pedine su una scacchiera femminile.

 

E’ interessante il modo in cui ha inquadrato gli spazi, soprattutto l’Eur, che diventa inquietante e metafisico.

Quel quartiere è stato uno dei punti di partenza della storia. sognavo da sempre di girarci un giallo. E’ uno di quei posti anni ’70 che conservano un’atmosfera sospesa con le sue geometrie metafisiche lontano dalla solita Roma che vediamo nei film. Con il suo sapore vintage è stato un grande stimolo visivo.

 

Come è nata la partecipazione di Michele Placido?

In modo del tutto casuale: io e Claudia lo abbiamo incontrato una volta a pranzo e, parlando di Tulpa, ho pensato che sua moglie Federica Vincenti fosse perfetta per uno dei ruoli. Poi ho adattato un altro personaggio su di lui. Michele è un animalone indomabile, infiamma ogni inquadratura in cui compare.

 

Quale sarà il suo prossimo passo nel cinema?

Fare il regista è una cosa tremenda, è stressante e ogni volta litigo con tutti. E poi questo film, con le sue immagini di brutali omicidi, mi ha danneggiato il cervello, quindi ora mi rimetto un po’ sulla musica, magari faccio una canzone horror.

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15 Dicembre 2012

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