VENEZIA. L’esordio di Pierfrancesco Favino come produttore dell’opera prima Senza nessuna pietà (Orizzonti), di cui è anche il protagonista, si misura con una giornata dominata dalla presenza di Al Pacino. “Mi sembra di essere il companatico di un panino, visto che presentiamo il nostro film tra le sue due affollatissime conferenze stampa. Spero tuttavia di avere l’occasione di sfiorarlo”.
Scamarcio, Mastandrea, Isabella Ferrari, Zingaretti sono sempre più gli attori che sperimentano l’avventura produttiva e ora lo stesso Favino: “All’origine non c’è il fatto che il mestiere mi vada stretto, semmai il desiderio di rimboccarsi le maniche, la responsabilità di fare sistema con forze diverse per il cinema nazionale, insomma di portare nuova linfa”.
Nel noir Senza nessuna pietà di Michele Alhaique, in sala con Bim dall’11 settembre, Favino è Mimmo, una sorta di gigante solitario, silenzioso e introverso, che, oltre al lavoro di muratore è utilizzato grazie alla sua forza nel recupero crediti dallo zio paterno che lo ha quasi adottato dopo la morte del padre.
“Mimmo è un uomo accettato per la sua capacità di convincere i debitori e vessato per la sua mole. La sua esistenza fino ad allora scandita dalle regole dello zio (Ninetto Davoli, ndr.), il capo clan familiare che sta abdicando – spiega Favino – si trova proiettata in una nuova dimensione dove a comandare sarà l’odiato cugino (Adriano Giannini, ndr.). Mimmo vive la difficoltà del cambiamento e nel contempo incontra, o meglio si scontra con la bellissima Tanya (Greta Scarano, ndr.) che provoca in lui una rivoluzione interiore”.
Alhaique ha ambientato la vicenda in una Roma notturna e di periferia, quasi non riconoscibile e poco mostrata sul grande schermo. “Potrebbe essere qualsiasi altra metropoli che con la sua grande periferia schiaccia e imprigiona i personaggi, a cominciare dal protagonista”, dice il regista. Mimmo sente sempre più forte il bisogno di lasciare quel mondo in cui è cresciuto, governato da regole feroci. “E’ un ingranaggio che funziona, ma non ha avuto la possibilità di scegliere tra bene e male”.
Alhaique, conosciuto come attore, ha diretto in passato due cortometraggi, Runaway (2003) e Chi decide cosa (2007). “Fin dall’inizio ho vissuto queste due facce del cinema, realizzando dei corti quando frequentavo il Centro sperimentale. Mi hanno sempre interessato le storie di persone legate alla quotidianità, che vivono però, come nel caso di Mimmo, sentimenti potenti e universali”.
Il film è dominato dai primi piani degli interpreti seguiti con insistenza dalla macchina mano. “Volevo che sul set gli attori si sentissero il più liberi possibile e che completassero i loro personaggi sentendosi anche autori del film”. Inoltre Alhaique li ha scelti per interpretare ruoli inediti, chiedendo di modificare il loro aspetto fisico.
Favino è ingrassato fino a raggiungere i cento chili per restituire l’immagine di un uomo prigioniero di questo corpo, fonte comunque di lavoro, e che è convinto che non affascini una donna. “Alla fine Mimmo, con il quale ho avuto un rapporto diretto e sentimentale, segue fino in fondo i propri principi come è accaduto per altri miei personaggi televisivi: Bartali, Di Vittorio, Ambrosoli”.
Tra i futuri progetti dell’attore romano c’è Suburra di Stefano Sollima dall’omonimo romanzo di Carlo Bonini e Giancarlo De Cataldo. E a Venezia Favino ha girato alcune sequenze della produzione tv americana (Weinstein Company e Netflix) su Marco Polo nel ruolo del padre Nicolò Polo e che presto si trasferirà per le riprese in Malesia e Kazakistan.
"Una pellicola schietta e a tratti brutale - si legge nella motivazione - che proietta lo spettatore in un dramma spesso ignorato: quello dei bambini soldato, derubati della propria infanzia e umanità"
"Non è assolutamente un mio pensiero che non ci si possa permettere in Italia due grandi Festival Internazionali come quelli di Venezia e di Roma. Anzi credo proprio che la moltiplicazione porti a un arricchimento. Ma è chiaro che una riflessione sulla valorizzazione e sulla diversa caratterizzazione degli appuntamenti cinematografici internazionali in Italia sia doverosa. È necessario fare sistema ed esprimere quali sono le necessità di settore al fine di valorizzare il cinema a livello internazionale"
“Non possiamo permetterci di far morire Venezia. E mi chiedo se possiamo davvero permetterci due grandi festival internazionali in Italia. Non ce l’ho con il Festival di Roma, a cui auguro ogni bene, ma una riflessione è d’obbligo”. Francesca Cima lancia la provocazione. L’occasione è il tradizionale dibattito organizzato dal Sncci alla Casa del Cinema. A metà strada tra la 71° Mostra, che si è conclusa da poche settimane, e il 9° Festival di Roma, che proprio lunedì prossimo annuncerà il suo programma all'Auditorium, gli addetti ai lavori lasciano trapelare un certo pessimismo. Stemperato solo dalla indubbia soddisfazione degli autori, da Francesco Munzi e Saverio Costanzo a Ivano De Matteo, che al Lido hanno trovato un ottimo trampolino
Una precisazione di Francesca Cima
I due registi tra i protagonisti della 71a Mostra che prenderanno parte al dibattito organizzato dai critici alla Casa del Cinema il 25 settembre