Dopo Muccino, Sorrentino e Vicari, Domenico Procacci con la sua Fandango prosegue la ricerca di nuovi registi e di esordienti. Questa volta tocca a un giovane talento teatrale, Fausto Paravidino, e al suo Texas alla seconda settimana di lavorazione, delle 9 previste, nella provincia piemontese. Il cast di questa opera prima, pronta a inizio estate, è formato da Valeria Golino, Riccardo Scamarcio e Valerio Binasco. “E’ una storia molto cechoviana con dialoghi molto pinteriani. Il risultato finale sarà un continuo a salto dal tragico al comico, evitando la commedia e il dramma”.
28 anni, genovese, da alcuni anni di casa a Roma dove lavora come attore e drammaturgo, Paravidino ha frequentato la scuola di recitazione del Teatro Stabile di Genova e ha lavorato con Lello Arena e Franco Branciaroli. Autore di numerosi testi teatrali, tra cui “Due fratelli” (premio “Tondelli” di Riccione Teatro e premio Ubu 2001), per il cinema ha interpretato Vuoti a perdere di Massimo Costa, La via degli angeli di Pupi Avati, e Il partigiano Johnny di Guido Chiesa.
E’ una storia che in partenza ha pensato per il teatro?
No. Le mie storie che nascono per il teatro difficilmente diventano un’altra cosa, anche se esistono passaggi meravigliosi dal teatro al cinema e viceversa. La storia, scritta insieme a Carlo Orlando e a Ines Fusetti, aveva immediatamente forma cinematografica, perché ci sono tantissimi personaggi e in parte si presenta come un film di paesaggi. E poi è una storia dal montaggio veloce che la rende rigorosamente cinematografica.
Perché questo titolo, “Texas”?
Anche se l’ambientazione non è dichiarata, il film è girato e ambientato in provincia di Alessandria, una generica periferia dell’impero. La campagna del Basso Piemonte è una zona da sempre agricola, che ora cerca di somigliare al Texas, con una industrializzazione che nulla c’entra con questa terra: grandi industrie siderurgiche o chimiche e le colline sullo sfondo. A questi contrasti paesaggistici e al freddo, nel quale ora siamo sprofondati, corrispondono le contraddizioni degli esseri umani che qui vivono.
Che cosa racconta il film?
E’ una storia molto frammentaria, fatta di tanti personaggi, di tante vite. C’è Davide/Carlo Orlando (uno degli sceneggiatori), un ragazzo i cui genitori un tempo erano proprietari di un negozio di alimentari che ha cessato l’attività. Un fallimento familiare che coincide con un suo fallimento e Davide cerca di riscattarsi, con sforzi terribili per diventare ‘fico’. C’è Cinzia (Ines Sposetti) viene da una cascina e si vergogna di essere figlia di contadini. Anche lei insegue il riscatto, lavorando in un supermercato ed è innamorata di un ragazzo, Gianluca/Riccardo Scamarcio. Vuole che questo amore sia grande e puro, non come quello dei suoi genitori che lei vede vecchio e consumato.
E poi c’è Maria/Valeria Golino che è una maestra elementare sposata con un uomo meraviglioso, Alessandro/Valerio Binasco che lavora alla Asl e a un certo punto s’innamora di un ragazzetto più giovane, quel Gianluca, e si trova ad avere 2 famiglie e a non saper scegliere, quasi paralizzata dagli amori.
C’è anche lei tra gli interpreti?
Sono Enrico, il ficcanaso, il fuori posto. Uno che torna al paese dopo tanto tempo e come l’Anguilla de “La luna e i falò” crede di capire tutto e non capisce nulla perché è stato lontano.
Racconta una gioventù bruciata?
Direi strinata, bruciacchiata, mi è più simpatico come termine. Personaggi che cercano con la loro fantasia di contrastare, in maniera un po’ isterica, il grigiore dell’inverno.
Perché la provincia?
Siamo tutti provinciali ahimè. Nelle grandi città si fa tanta confusione per nascondere il nostro provincialismo. Nei film di Muccino, che piaccia o meno il suo cinema, i personaggi sono o no provinciali?
Riferimenti cinematografici?
Da Ford a Scorsese, il film è pieno di riferimenti che non coincidono necessariamente con i gusti in ordine di innamoramento. Texas, nel suo parlare di cose piccole cerca, per contrasto, di avere una dimensione epica per meglio metterle a fuoco.
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