Questa è la storia dell’incontro tra un regista Orso d’oro con la passione per la musica e un gangsta rapper curdo di nome Xatar, che vuol dire “pericolo”. Fatih Akin porta alla Festa del Cinema di Roma, sezione Grand Public, il film Rheingold, ispirato alla storia vera di Giwar Hajabi, nato in Iran, fuggito con i suoi genitori prima in Iraq – dove ha vissuto con loro, piccolissimo, la prigione – e poi in Germania. Lì ha avuto un’educazione musicale, grazie al papà compositore, ma anche un’educazione criminale, iniziata con il piccolo spaccio e culminata in un clamoroso furto d’oro che gli è costato alcuni anni di prigione. È proprio dietro le sbarre che Xatar ha realizzato alcune delle sue musiche più famose. Oggi è un produttore musicale ed è a partire dalla sua autobiografia che il cineasta tedesco di origini turche ha realizzato Rheingold, che vede nella compagine produttiva, tra gli altri, anche le italiane Palosanto Films e Rai Cinema. La distribuzione in Italia è ancora in via di definizione.
“Non conoscevo la sua musica, ma sapevo della rapina – ha spiegato Akin – Quando ho comprato la sua autobiografia e, nelle prime righe, ho letto dei suoi primi ricordi in prigione, mi ha catturato immediatamente: l’ho vista come una storia folle di emigrazione verso la Germania che passa per la criminalità, la musica, la prigione. In tutti i miei film, in qualche modo, c’è una prigione e qui c’è il disco fatto in prigione: attraverso la musica, Xatar esprime la sua libertà anche lì”. Il regista ha raccontato di aver arricchito il materiale del libro, “scritto in modo pulp, con attenzione per l’intrattenimento”, con le informazioni raccolte grazie a tante interviste fatte a Giwar su Skype durante il lockdown, con l’approccio del giornalista: “Con le sue risposte ho ottenuto praticamente un secondo libro e dai due libri ho costruito la sceneggiatura”.
A incarnare Xatar è l’attore Emilio Sakraya, che ha passato moltissimo tempo con il vero protagonista della storia e che, per mettersi nei suoi panni, ha dovuto prendere parecchi chili. Sua madre è invece interpretata da Mona Pirzad: “Vengo anch’io dall’Iran e capisco cosa si prova quando devi scappare e ridefinirti da zero per via del regime. Quando ho incontrato la mamma di Giwar mi ha colpito tantissimo il suo essere una donna forte, silenziosa, tranquilla, che ha vissuto tanto dolore. È incredibile quanta forza si possa tirar fuori quando si tratta di sopravvivenza”.
“La vita è già scritta”, dice in una scena del film Xatar. “Stronzate – gli risponde il padre – la vita la scrivi tu”. L’avventura artistica e criminale narrata da Rheingold mostra anche la possibilità di deviare da un percorso tracciato, o quantomeno di interpretarlo a modo proprio: “In un certo senso sono stato grato che ci fosse nella storia un elemento che contraddice un cliché – ha commentato il regista – Per diventare criminale, non devi avere necessariamente genitori criminali, mentre puoi avere successo pur avendo dei genitori criminali. Ogni essere umano è libero di esprimersi come vuole”. Il gangsta rap, che è al centro della storia, per i suoi contenuti è spesso accusato di istigare alla violenza. In questi giorni in Italia si legge proprio di scontri tra rapper. Ma “l’hip hop è il messaggero. Non attaccate il messaggero, attaccate il problema”, sottolinea Akin. “La musica hip hop è sempre stata parte della mia vita, è grazie a lei che ho imparato l’inglese, ma il gangster rap non lo capivo. Grazie a questo film l’ho capito. L’hip hop, in tutto il mondo, è la voce della povertà, delle classi più basse, è la loro storia orale”, ha aggiunto Akin, secondo il quale “la musica, e l’arte in generale, può salvare tutti. L’arte mi ha salvato con i libri che ho letto, i film che ho visto. Durante la pandemia passava un messaggio tragico: ci servono i supermercati ma non i teatri. Il nostro spirito, invece, ha bisogno dell’arte”.
Alla fine della conferenza stampa Fatih Akin ha ricevuto da Rosetta Sannelli il Premio Kineo Movie e GCHR for humanity Award, “per l’impegno costantemente profuso nella difesa dei diritti umani, come testimonia anche il suo precedente film Il Padre (2014), sul genocidio degli Armeni”.
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