Fanny canta a Roma l’amore per i Rom


“Ho scelto gli zingari, non mi piace dire “Rom”, perché mi hanno chiesto una storia sulla tolleranza. E io penso che si debba filmare solo ciò che si ama. E io amo quel mondo misterioso, la loro libertà”.
Lo afferma raggiante Fanny Ardant, regista del cortometraggio Chimère Absente, presentato al Festival Internazionale del Film di Roma nella sezione Spettacolo/Eventi Speciali.

“Esistono da mille anni e sono stati il primo popolo, attraverso i loro viaggi, a rompere i confini tra le culture, sono il fil rouge dell’Europa”, aggiunge l’attrice che nel corto interpreta Malvina, un’insegnante di musica che assiste alle discriminazioni del preside verso un’anziana zingara che non è in grado di pagare la mensa alla sua nipotina. Ad un tratto, si presenta nella scuola un Rom infuriato – il fascinoso Francesco Montanari – che rompe con un vetro le finestre della classe. Il preside chiama la polizia e gli zingari fuggono. Ma fugge anche l’insegnante, catturata dal fascino della natura e della musica zigana.

Il corto, girato a Formello, nasce da un progetto delle Nazioni Unite per promuovere i diritti umani attraverso l’arte, ed è stato commissionato dal Consiglio d’Europa in collaborazione con l’ONG Art for the World.
Immancabile la domanda, posta dal moderatore dell’incontro Mario Sesti: “Come sarebbe stato il corto se lo avesse ambientato in Francia?”
“L’idea originale era quella – afferma Ardant – ma poi ho scoperto che girare in Italia era più semplice. Ho capito anche che le problematiche di integrazione degli zingari sono le stesse in tutta l’Europa occidentale. L’ambientazione scolastica mi è servita per contrapporre un mondo duro e razionale a quello magico dei nostri fratelli. Pensate che in Francia, un gruppo di insegnanti coraggiosi ha seguito dei bambini zigani per insegnar loro a leggere e a scrivere senza interferire con la loro natura nomadica. Ed è questo ciò che serve veramente. Leggere e scrivere, tutto il resto delle cose che si imparano a scuola sono meno importanti. Se lo si vuole, si può sempre approfondire, ma si può vivere una bella vita anche senza essere dei pozzi di scienza. Un uomo libero non ha paura di niente, e quando non hai nulla da perdere, sei come un principe”.

A qualcuno, nel pubblico, sorge il dubbio che questo bel sogno di 12 minuti possa peccare di superficialità, sorvolando sui problemi pratici dei Rom nella vita di tutti i giorni: “Non è un documentario – risponde l’attrice e regista con il garbo e il fascino che le sono propri – è un canto d’amore verso un popolo. Ho preferito mettere in scena un sogno, un’utopia, non a caso l’ho chiamato Chimère Absente. Molte manifestazioni di matrice politica mi hanno chiesto di portare il mio film, ma io non sono una politica, sono un’attrice, e per questo ho scelto un festival di cinema. Trovo anzi un’insulto nei confronti degli zingari approfittare delle loro problematiche per difendere posizioni di potere. Io non ho la soluzione ai problemi, ma credo che il cinema, la musica, l’arte e la letteratura possano cambiare il mondo. Può non piacere, e in quel caso lo accetto e sono pronta a difendermi, ma siamo in democrazia e il bello della democrazia sta nella dialettica, deve esserci posto per tutti”.

I toni si scaldano un po’ quando sale sul palco un rappresentante della delegazione Rom che accompagna il film. Una signora accusa lui e il suo popolo di essere, in sostanza, dei fannulloni, che pretendono servizi in cambio di nulla. Ardant risponde prontamente: “Preferisco i miei cliché sugli zingari liberi e belli a quelli crudeli, privi di generosità e apertura che ho appena ascoltato”.

Emile, così si chiama il rappresentante, è comunque ben capace di difendersi da solo: “Prima di tutto i Rom non sono più nomadi da tanto tempo – dice – potevamo farlo prima, mantenendoci con l’artigianato, ora con il mercato attuale non è più possibile. Siamo stanziati, anche se non fa parte della nostra cultura, ma dobbiamo accettare ciò che ci offrono le istituzioni, ovvero i cosiddetti campi di solidarietà. Ma i pregiudizi dei “gaggè”, come chiamiamo i “non rom”, nei nostri confronti ci sono eccome. Non siamo noi però a volere questo mistero, sono loro che hanno paura di conoscerci. Anche la stampa molto spesso scrive di noi senza informarsi davvero. Ma la nostra società è come la vostra: anche presso di noi ci sono i buoni e i cattivi, gli sporchi e i puliti, gli onesti e i disonesti. Comunque – precisa – essere chiamati “Rom” non ci dispiace, perché significa “uomo”. Ma neanche “zingari” o “zigani” ci offende, perché viene dal greco Atzinganoi e significa “intoccabile”, nel senso di “puro”. Oggi il significato è totalmente cambiato, è diventato intoccabile nel senso di ‘sporco’”.

 

Alla fine, tutti applaudono e la sala, magari anche grazie agli attacchi, è dalla parte dei Rom.

Il delicato corto della Ardant, almeno per questa sera, ha reso la chimera dell’incontro tra culture diverse un po’ meno fugace di come siamo abituati a percepirla.

autore
29 Ottobre 2010

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