‘Familia’, l’altissimo prezzo della libertà

Dal romanzo 'Non sarà sempre così' di Luigi Celeste, il film di Francesco Costabile dal 2 ottobre al cinema. Protagonista Francesco Gheghi, insieme a Barbara Ronchi e Francesco Di Leva


VENEZIA – La Familia di Francesco Costabile – opera seconda, Concorso sezione Orizzonti – nasce da una storia vera, poi romanzo: Non sarà sempre così di Luigi Celeste, protagonista con la sua identità reale, interpretato da Francesco Gheghi.

Familia è una storia di violenza domestica, di esercizio del peggior potere paterno, di una crudeltà che serpeggia tra le anime del nucleo più intimo: la mamma Licia (Barbara Ronchi), bistrattata tra vari mestieri, tra cui addetta alle pulizie; il papà Franco (Francesco Di Leva), appena uscito dal carcere e appena cancellato dalla moglie dallo stato di famiglia; e i due figli, prima bambini, poi adulti, Luigi e Alessandro (Marco Cicalese). Nel cast anche Tecla Insolia, nel ruolo di Giulia, fidanzata di Gigi.

Di Familia, il titolo, spiega Costabile, “mi ha colpito la desinenza latina, perché ‘famiglia’ dovrebbe essere amore, educazione e inclusione, mentre il termine latino rimanda a qualcosa di più inquietante: il pater familias, i cui servi erano anche figli e moglie, un velo di oscurità che appartiene anche al film”, infatti “non cambia niente, non ce ne liberemo mai”, afferma avvilita e disillusa mamma Licia, quando sono ormai trascorsi anni dall’infanzia di quei bambini che lei ha cercato di proteggere, che la tutela sociale le ha strappato, che un padre improprio e rabbioso non ha mai smesso di tallonare, insinuandosi.

Familia racconta la violenza come un retaggio, tanto che Franco, nell’epilogo della vicenda, provoca Luigi dicendogli “tu sei uguale a me”: fino a quel momento, se Alessandro è sempre stato insofferente alle presenze non richieste del padre, e ha sempre manifestato un senso di affettuosa protezione verso la mamma, controllando la rabbia, Luigi – invece – s’è fatto membro attivo di un gruppo neonazista, a cui, nel tempo, partecipa a intermittenza, finendo in carcere prima, allontanandosi poi, sentendone di nuovo il richiamo. Tutto questo mentre, per anni, suo padre segue ossessivamente la mamma, s’intrufola in casa recitando il sentimento dell’affetto, la controlla per una patologica gelosia, finché Gigi non decide di andare a denunciarlo ma… la giustizia non può far nulla se non è Licia in prima persona a sporgere l’esposto. Così, tra la burocrazia della Legge che non facilita e concorre a estendere a macchia d’olio il pericolo, una giustizia si fa sempre più necessaria… e se non viene fatta dalle forze dell’ordine, è dentro la famiglia che prende forma e s’afferma.

Questo tema, “pone come autore anche un problema etico nell’assunzione di un punto di vista: il cinema è anche strumento di impatto sociale. La cronaca nera spesso resta confinata a nomi, numeri, date e morbosità: ma le vittime non sono mai veramente raccontare. La forza del libro di Gigi – che è stato un compagno di viaggio, un supporto emotivo – è riuscire a entrare nella complessità intima, e poi attraverso il cinema si entra in un percorso di empatizzazione. Viviamo in un’epoca di semplificazione: la restituzione di questi fatti è spesso solo morbosa e cronachistica, mentre lo scopo del film è l’immersione in un abisso” per Costabile.

Luigi Celeste, quello reale, presente in prima persona a Venezia, racconta che vedere la propria vita “è stato un trauma forte. Francesco Costabile è stato bravo a ricreare la tensione che noi come famiglia abbiamo vissuto per una vita intera; l’impatto emotivo è stato fortissimo, anche solo sentire il mio nome. Ho pianto in varie scene del film. È una botta fortissima”.

E il Gigi sullo schermo, Francesco Gheghi, che non nasconde le lacrime, mentre la voce si strozza, e non per copione, riesce a dire che per lui sia “stata una storia forte, che mi ha dato la fortuna di conoscere la mia fortuna, la consapevolezza della mia famiglia, di quante cose dia per scontato. Spero lo vedano tanti giovani, perché saranno le mamme e i papà del futuro”.

Poi c’è il ruolo di Giulia, appunto interpretata da Tecla Insolia, per cui “il personaggio, seppur piccolo, ha un’importanza fondamentale nell’esistenza di Gigi: quando si cresce nella violenza non c’è soltanto un modo per risolvere, non è detto si reiteri. Giulia per lui rappresenta l’amore perché lo riconosce al di fuori della sua storia, di quello che sembra il suo destino. Gli insegna ad amare”.

Mentre, a proposito di mamme, quella di Gigi nel film è Barbara Ronchi, per cui “la cosa che più mi ha colpita di Licia era la sensazione costante della colpa, paradossalmente: il senso di colpa di aver denunciato, di aver sbagliato l’uomo, di non essere riuscita a tutelare i figli. Era come se lei si fosse assunta quel fallimento e anche le istituzioni glielo facevano sentire, perché se l’era ripreso in casa o non aveva denunciato in fretta. Ed è per senso di colpa che lo fa tornare ogni volta. Mi ha molto commossa l’idea che potesse schermare con l’idea che le cose cambiassero: infine, è stata liberata, a un prezzo altissimo, ma è stata liberata. Quest’uomo, però, non ha fatto del tutto male perché le ha regalato due uomini che l’hanno salvata”, i suoi figli.

Ed ecco lui, il padre, la causa nera del male nel cuore della famiglia Celeste, interpretato da Francesco Di Leva, per cui “è tanto bello sentire la parola ‘sgradevole’ per un personaggio così, ma si sente tanto dolore da attore per non poterlo difendere. Questo uomo da bambino è cresciuto a Secondigliano e, infatti, io sono andato a guardare il bambino che è stato Franco Celeste: la violenza che per lui era stata normalità l’ha riportata nella sua famiglia, facendo una manipolazione emotiva, una truffa emotiva. E i segnali seminati nel film sono indicativi per chi sta subendo violenza, perché pensa sia normalità. 5000 bambini nel 2023 hanno indirettamente subito violenza, per cui portano/porteranno indirettamente violenza. Per sconfiggere il male lo devi conoscere, per questo va raccontato”.

Familia esce al cinema dal 2 ottobre e Costabile conclude che sia “un film violento, non lo neghiamo, ma penso che la scuola o la famiglia possano accompagnare i minori alla visione. Ho cercato di lavorare molto sul fuori campo. Da docente, quale sono, so quanto il cinema riesca a toccare certe tematiche”. E, a questo proposito, Giampaolo Letta, per Medusa che lo distribuisce, conferma che “noi faremo tantissime iniziative con scuole e associazioni, magari si riuscisse a farle con i genitori: è un film di alto valore formativo e educativo”.

 

 

 

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02 Settembre 2024

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