Dopo avere dato una svolta al palinsesto di Rai 2 con il suo programma “La pezza di Lundini”, l’autore, regista, cantante, scrittore e attore Valerio Lundini si prepara a tornare con uno show di “un genere indefinibile” e di un’originalità rara, come quasi ogni prodotto che lo contraddistingue. Si tratta di Faccende complicate, un titolo “un po’ cacofonico, troppo complicato, che la gente si dimentica”, ma che siamo sicuri farà altrettanto rumore del suo predecessore, forse anche di più. “Mentre giravo mi sono reso conto che questo titolo ci stava, – spiega Lundini nella conferenza stampa di presentazione – le storie che raccontiamo sono complicate, quelle semplici le ho complicate io”.
Per questo nuovo programma si è scelto il formato digitale, il web, proprio lì dove le clip estratte da “Battute” e “La pezza di Lundini” (complice anche il supporto di Emanuela Fanelli) sono diventate presto virali. I dieci episodi di Faccende complicate saranno pubblicati su RaiPlay in tre blocchi ogni venerdì a partire dal 12 gennaio. Ogni episodio è lungo circa 25 minuti, per un totale di circa 75-100 minuti a blocco.
Presentandosi all’apparenza come un clone di un format ormai cult come Il testimone di Pif, Faccende complicate – Inchieste reali su realtà, è più una parodia di quel tipo di narrazione. Valerio Lundini racconta dieci storie, incontrando personaggi particolari o entrando in contesti specifici, ma il suo non è un racconto documentaristico quanto prettamente autoriale e satirico. Con la sua capacità di vestire in ogni contesto – anche durante la conferenza stampa sopracitata – un personaggio svampito e fuori luogo, Lundini piega la realtà a suo piacimento, scrivendo e mettendo in scena dei veri e propri cortometraggi, dove il gusto della scoperta documentaria che caratterizzava il lavoro di Pif viene stravolta in favore di una comicità tanto surreale quanto brillante, che ricorda più l’approccio da mockumentary di Sacha Baron Cohen in film come Borat.
Con la scusa di raccontare un contesto sociale, Lundini si lascia trasportare da situazioni folli, ma chiaramente pensate a tavolino, in cui è sempre la finzione scenica a farla da padrone. Nell’episodio Quel gioco che ricorda la dama, ad esempio, un espediente apparentemente fortuito che avviene all’inizio del racconto diventa funzionale per un colpo di scena che avviene verso la metà dell’episodio, mettendo i due protagonisti alle prese con una situazione grottesca ed esilarante, capace al tempo stesso di affrontare un tema delicato con grande ironia. Insomma, dietro Faccende complicate c’è una vera e propria drammaturgia, c’è pensiero autoriale e critica sociale, estro registico e interpretazione attoriale, tanto da renderla, più che un programma televisivo, una vera e propria serie tv che esalta le qualità di Lundini come autore, regista e, soprattutto, mattatore.
“Se avessi fatto una cosa in uno studio, tutti avrebbero detto era meglio il programma di prima, oppure che è uguale ma con un altro titolo. Se avessero detto ‘è meglio’, sarebbe stato un peccato per il lavoro fatto in precedenza. Ho fatto una cosa che apparentemente, facendo zapping, non è visivamente uguale”. Spiega l’autore, che per questo show ha girato quasi tutta l’Italia, da Napoli (“una delle più belle città della Campania”) a Milano, passando da Roma e Torino, per arrivare, nell’ultimo episodio, fino in Albania. “A un certo punto mi sono detto che si poteva anche andare all’estero. – ironizza ancora Lundini – Ma mi è venuto in mente alla nona puntata. Sempre per mantenere un profilo basso siamo andati in Albania. Poi la seconda stagione andremo a New York, ma solo se ci sono storie interessanti, sia chiaro, perché non è che il viaggio da solo valga la pena”.
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