Cesare l’anguillaro, Paolo il nobile, Roberto il barelliere, Francesco il palmologo, Filippo il principe e Xenia la sua consorte, Gaetano l’attore di fotoromanzi. Persone e personaggi, sono loro i protagonisti di Sacro GRA di Gianfranco Rosi, vincitore del Leone d’oro a Venezia e in procinto di affrontare ancora un’altra prova importante: quella del pubblico. Il film sarà in sala il 19 settembre – uscita anticipata rispetto a quella precedentemente annunciata del 26 – con Officine Ubu, e dopo aver a lungo parlato con il regista a Venezia, in occasione della premiazione, oggi abbiamo conosciuto i volti che compongono il cast di questo rivoluzionario documentario narrativo ambientato lungo la strada tangenziale che circonda Roma, grazie a una simpatica iniziativa organizzata dalla distribuzione. Dopo la proiezione del film, un pullman preleva i giornalisti e li porta in tour proprio sul raccordo, fino a fermarsi proprio presso lo stabilimento Anaconda, dove ha sede l’attività di pesca e ristorazione di Cesare, uno dei protagonisti. Qui, su un barcone galleggiante in riva al Tevere, si tiene un pranzo con interviste e conferenza stampa.
Rosi, ancora emozionato, stringe in mano il Leone d’Oro: “Mi hanno definito un regista ‘da fiume’ – dice – così la mia trama fluisce in un eterno presente, senza passato né futuro. I miei personaggi vivono frammenti d’esistenza. Forse per questo mancano storie di giovani, troppo legate all’avvenire. E’ stato un processo lungo, dovevo capire che forma dare al mio percorso e in questo mi hanno aiutato le esigenze della produzione, che mi costringevano di tanto in tanto a realizzare dei montaggi provvisori, che poi però ho cassato al momento di mettere mano al risultato finale. E’ come un cubo di Rubik: mille soluzioni, ma solo una è quella giusta. Sul raccordo vivono due milioni e mezzo di persone, io ne ho raccontate solo sette, e solo in parte”.
A loro poi passa la parola, perché, come capita nel film, possano raccontare un po’ di sé: “Rosi ha la forza di Obi Wan Kenobi – dice il palmologo – mi ha avvicinato mentre percorreva le zone limitrofe del raccordo anulare e abbiamo fatto amicizia, ma parlavamo di tutto tranne che de film. Non volevo e non voglio che il film interferisca con la mia vita”. “Ci siamo frequentati per anni – aggiunge Rosi – ma lui non aveva voglia di girare. Mangiavamo insieme, parlavamo. Poi un giorno, quasi a tradimento, l’ho ripreso mentre si rendeva conto che una delle sue amate palme stava morendo. Mi ha guardato con odio, come se avessi ripreso il funerale del suo migliore amico, ma sono contento di averlo fatto, perché in quel momento ho colto la sua verità. Due anni condensati in pochi giorni di girato, questa è la storia del film”. “La mia vita non è cambiata – dice il padrone di casa Cesare – non sono andato neanche a Venezia. Dovevo pescare. Io amo il Tevere e qui devo restare. Nelle vene non ho il sangue ma l’acqua di questo fiume. Il film lo vedrò domani, ma di solito non ho molto tempo per il cinema. Mi sveglio alle cinque e torno tardi. La presenza del film al Lido non mi ha dato particolari emozioni. Io sono un pescatore, le palpitazioni mi vengono solo quando getto la rete”.
Roberto lavora come infermiere e ha una mamma vecchia e malata: “E’ stato anche un modo per trattare il tema degli anziani – dice – ma appena finito il film ho ripreso subito a lavorare. Aspettiamo che tutto termini e intanto godiamoci il momento”. Paolo il nobile vive con la figlia in un appartamento da cui presto lo sfratteranno: “L’attuale sindaco non ci da risposte chiare – dice – e se le risposte non arriveranno dovremo lottare. Ci metto me stesso e la mia faccia, insieme con le persone in difficoltà, senza lavoro, esodate, straniere o emarginate, quale che sia il motivo. Io spero che in questo senso la notorietà del film mi possa aiutare”. Xenia e Filippo, principi di periferia, portano con loro la figlioletta: “Siamo contenti che inizi il suo curriculum con un Leone d’oro – dichiarano – e comunque noi siamo pronti per un reality”. Infine Gaetano, attore di fotoromanzi, che realizza il sogno della sua vita: “Chi poteva immaginare che sarei arrivato a Venezia? Con Rosi, poi, che girava con una telecamerina, senza luci, riflettori o artifici. Pensavo stesse facendo una cosa di Ridolini, non gli ho dato proprio peso. Mi pare un sogno senza fine. Io, che facevo la comparsa in cose come La vendetta di Ercole. E ora mi arrivano proposte di lavoro importanti”.
Dietro Sacro GRA, co-produzione italo-francese da 600mila euro, nasce da un’idea originale di Nicolò Bassetti, un paesaggista-urbanista che decide di percorrere i territori del Raccordo a piedi, in solitudine. “E’ stato il viaggio più bello della mia vita – racconta Bassetti – è la ricerca di storie in un paese che sta perdendo identità”. In chiusura di giornata un simpatico annuncio da Anas, la società che gestisce il raccordo, che contribuirà alla promozione a partire da giovedì visualizzando il pittogramma del Leone d’oro sui pannelli a messaggio variabile della strada che, dopotutto, ha vinto un premio assieme al film.
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