Tra le dieci nomination conquistate dai Cento passi c’è anche la sua. Così, la notte dei David di Donatello, Fabrizio Mosca, alla sua prima esperienza come produttore, si ritroverà a competere con Angelo Barbagallo e Domenico Procacci per aggiudicarsi il titolo di miglior produttore dell’anno.
Che cosa ha voluto dire produrre un film come “I cento passi”?
E’ stata la realizzazione di un sogno coltivato per dieci anni: quello di diventare produttore. E poi c’è stata la sensazione impagabile di sentirsi parte di un progetto di cui sono orgoglioso, riuscendo a mettere in piedi una cosa che si è rivelata più ambiziosa di quanto potessimo pensare all’inizio.
Ci sono stati momenti difficili?
Il momento più delicato è stato durante le riprese in Sicilia. Avevo il terrore di dover interrompere tutto perché non avevo i soldi per pagare la troupe. Per un esordiente non è facile giocare fuori casa senza avere le spalle coperte.
Eppure le cose sono andate benissimo…
Credo che I cento passi dimostri che in Italia ci sono una vitalità e una sensibilità tali da permettere a un produttore alla sua prima esperienza di fare un film esattamente come desidera. Certo, sono stato sostenuto dalla credibilità che dava al progetto un regista come Giordana, ma non sarei andato molto lontano se non avessi trovato interlocutori validi, come quelli del fondo di garanzia e Rai Cinema, che hanno deciso di rischiare con me.
Ora arriva anche la consacrazione dei David, che cosa vuol dire, dopo che questo film ha vinto già tanti premi?
E’ il segno che in Italia c’è molta solidarietà e molto amore per un questo genere di cinema e per un tema come quello della mafia. Arrivare a quelli che sono i César di casa nostra è semplicemente emozionante.
Il sodalizio con Giordana continuerà?
Abbiamo entrambi il desiderio di tornare a lavorare insieme, come è normale quando due persone hanno vissuto un’esperienza positiva. Ora come ora, però, non c’è nulla nero su bianco.
Altri progetti in corso?
Tanti, ma uno in particolare a cui tengo moltissimo. Ho comprato, insieme a Maurizio Santarelli, i diritti di un racconto che si intitola Ritorno a Haifa, scritto da Karafani, un autore palestinese. E’ una storia molto bella, che credo riesca a dare il senso della vicenda palestinese, molto più di tutti i telegiornali e i dossier che parlano del Medioriente. Il racconto è ambientato tra il 1948 e il 1968 e ho chiesto a due scrittori, uno palestinese e uno israeliano, di far continuare questa storia.
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