Era il 29 giugno 2000 quando Vittorio Gassman, nato a Genova nel 1922, lasciava la vita terrena ma lasciava anche una gigantesca eredità artistica e culturale.
Sono trascorsi 18 anni, ma grazie ad una conoscenza personale, diventata con il tempo fiducia e amicizia, il giornalista Fabrizio Corallo ha curato un documentario, Sono Gassman! Vittorio re della commedia, in anteprima alla Festa di Roma e a gennaio in onda su Sky Arte.
Corallo, il titolo ‘parla’ in prima persona e contiene un punto esclamativo: ci spiega il senso di questa scelta?
È una frase che lui ripeteva spesso per scherzo, in famiglia, con gli amici. Quando qualcuno gli sembrava non gli desse la dovuta considerazione, ironizzando sul suo ruolo di persona popolare, ripeteva: ‘…(ma insomma) sono Gassman!”. La stessa frase la ripeteva anche negli ultimi anni, quando magari era un po’ più malinconico, si prendeva in giro. Pensandoci adesso, a posteriori, ‘Sono Gassman!’ potrebbe essere anche un’affermazione orgogliosa di tutti i figli.
Come nasce questo documentario?
Ho avuto la grande fortuna di conoscerlo molto bene, di averlo frequentato a lungo, come anche la famiglia, che per fortuna mia si fidava di me da tempo. Il processo è stato quello di procedere in punta di piedi, cercando di non farmi sopraffare dalla sconfinata ammirazione che ho sempre avuto per lui, oltre all’affetto; ho cercato il mattatore ma anche quella grande vulnerabilità che stava dietro, come se dalla profusione di tanta energia, in scena e nella vita, alla fine il corpo e l’anima ne fossero un po’ affaticati, pur non mancando mai di grandi guizzi fino all’ultimo, grazie anche alla memoria prodigiosa.
Nel film viene fatto particolare riferimento alla Commedia all’italiana, una scelta precisa, che in qualche modo ‘esclude’ una versione drammatica o teatrale di Gassman.
I due produttori, Adriano De Micheli e Massimo Vigliar, avendo apprezzato un mio precedente documentario per i 90 anni di Dino Risi, e avendo loro i diritti di molti film ‘della Commedia’, mi hanno proposto di curare questo film per Vittorio. La chiave è stata quella di raccontare il suo passaggio da attore drammatico alla commedia, soprattutto grazie a Mario Monicelli.
Il documentario dedica ampia attenzione al racconto personale: c’’è stata da parte sua qualche ‘scoperta’ dell’uomo-Gassman?
Mi sono sempre avvicinato a lui con grande circospezione, quasi timore reverenziale, non riuscivo ad avere un rapporto alla pari, all’inizio soprattutto. La scoperta è stata il suo grandissimo senso dell’amicizia, della voglia di socievolezza e aggregazione, la curiosità non solo per lo spettacolo e l’arte, ma la voglia di uno scambio dialettico con il mondo. Un episodio personale di cui ho ricordo affettuoso avvenne da ‘Otello alla Concordia’, ristorante romano storico per un certo mondo del cinema: un suo grandissimo amore fu Anna Maria Ferrero, e penso dopo il ’60 si fossero visti molto molto raramente; negli ultimi tempi accadde che fosse arrivata e lui la vide seduta ad un tavolo e, uscito fuori a fumare, mi prese da parte, e mi disse: ‘…ti rendi conto? C’è Annamaria!’. L’ha fatto come se fosse un eterno presente: una cosa che mi ha lusingato molto, la complicità e la dimostrazione di fiducia.
Ha raccolto contributi inediti: Stefania Sandrelli, Gigi Proietti, Jean-Louis Trintignant, Giancarlo Giannini e Giovanna Ralli, Carlo Verdone, Paolo Virzì, Paola Cortellesi, Diego Abatantuono e Massimo Ghini, Marco Risi e Ricky Tognazzi, Renzo Arbore, Maurizio Costanzo e Valerio Caprara. Pensando a tutte le loro testimonianze, c’è stata una ‘definizione’ comune di e per Vittorio Gassman?
Tutti hanno parlato molto volentieri, sapendo avrei privilegiato aspetti di grande qualità umana e artistica: è emersa naturalmente l’ammirazione, ma il comun denominatore è stato il concetto di ‘irripetibilità’ di una figura così omnicomprensiva come la sua.
Ha attinto da materiale d’archivio, come quello di Istituto Luce Cinecittà, Teche Rai e Mediaset: c’è qualcosa di speciale in particolare?
Ci sono materiali molto preziosi da Istituto Luce, da alcuni cinegiornali e, soprattutto non essendo semplice poter usare scene de La grande guerra, abbiamo trovato un bellissimo reportage dal set, quando giravano in Friuli, come il filmato della vittoria del Leone d’Oro a Venezia, e insieme una sorta di scenetta che fece con Sordi, con il premio in mano. È una miniera a cui abbiamo potuto attingere.
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