E’ ispirato al racconto Farfalle di Ian Mc Ewan Foglie di cemento, cortometraggio italiano (15′) in concorso a Rotterdam 2003.
Lo firma l’esordiente 39enne Fabio Sonzogni, architetto bergamasco, attore e regista teatrale, che lo ha scritto a 4 mani con Mauro Babini.
In scena il fatale triangolo tra un’angelica bambina e due adulti, uno dei quali ha il corpo alto, scarno e fibroso di Franco Pistoni, straordinario performer della Societas Raffaello Sanzio (l’ormai storica compagnia che ha sovvertito le regole del teatro) già visto in Il nome della rosa.
Con le fantasmatiche movenze di Pistoni e l’abile uso della steadycam, il corto – “inquietante come il volo di una farfalla nera” per la giuria dell’ultimo Genova Film Festival che gli ha attribuito il primo premio – ha varcato i confini arrivando nelle sale di Madrid e in Francia con la partecipazione, in questi giorni, al Festival Premiers Plans di Angers.
In attesa di misurarsi anche con l’esigente platea olandese, Sonzogni è impegnato, sempre con Babini, nella sceneggiatura di un lungometraggio tratta da un racconto di Balzac. Un progetto che vorrebbe realizzare in Francia con un’attrice d’oltralpe.
Il tuo corto evoca il tema della pedofilia …
Sì, ma non è un film sulla pedofilia. Racconta di un uomo mai nato, un “ipovivo”, che vive rinchiuso in una casa materna, una sorta di utero, e ha un solo obiettivo: la morte. Per raggiungerla prima deve nascere e per farlo ha bisogno di incontrare una bambina iperviva. Ho scelto il tema due anni fa leggendo un’intervista a Stanley Kubrick che a chi gli chiedeva qual è il libro giusto da tradurre in immagini rispondeva: “quello che ti ha colpito di più”. Nel mio caso si trattava di Farfalle anche se il protagonista e il finale del cortometraggio sono piuttosto diversi. I luoghi di cui parlava Mc Ewan mi hanno ricordato Crespi D’Adda, un piccolo villaggio operaio del bergamasco che frequentavo da bambino. Un posto magico, dall’architettura industriale e una strana aria di morte, perfetto come ambientazione.
Come è stato accolto il corto in festival italiani e non?
Da noi una giurata ha detto: “Non dobbiamo dare al regista nessun premio perché dobbiamo impedirgli di fare altri film”. Ma nonostante questo giudizio moralista ho vinto. In un’altra occasione sono stato pesantemente insultato da quelli che poi ho scoperto essere due registi. All’estero la reazione è completamente diversa: ho presentato Foglie di cemento in Danimarca, in Irlanda, in Spagna e nessuno ha pensato che la mia fosse un’opera pruriginosa.
In Foglie di cemento c’è una scena che ricorda La mosca di David Cronenberg…
C’è una citazione ma non è frutto di una scelta razionale. Cronenberg è uno dei registi che amo di più. L’ho incontrato al festival di Sitges dove presentava Spider, il cui protagonista ha delle similarità con il mio. Ho dato a David la videocassetta del mio film e da allora ci scriviamo. Ma il mio film è soprattutto un omaggio al cinema francese, in particolare a Au hasard Balthazar, un film del 1966 di Robert Bresson. Ho optato per il bianco e nero per sottrarmi al realismo. Era una necessità raccontare una storia epica, senza cadere nel cliché televisivo.
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