Un racconto intimo e universale, quello del periodo di vita che Fabrizio De André ha passato in Gallura, diventato anche fonte d’ispirazione per la sua musica, arriva sul grande schermo, il 27 e 28 maggio, distribuito da Microcinema, con il ‘doppio spettacolo’ al quale dà il via il documentario Faber in Sardegna di Gianfranco Cabiddu, per arrivare all’ultimo Concerto Di Fabrizio De André, l’ultima performance dal vivo interamente ripresa dalle telecamere al Teatro Brancaccio di Roma, il 13 e il 14 febbraio 1998, meno di un anno prima della sua scomparsa, avvenuta l’11 gennaio 1999.
“Non ho nessuna verità assoluta in cui credere, nessuna certezza in tasca, e quindi non la posso regalare a nessuno…Va già molto bene se riesco a regalarvi qualche emozione”, spiega De André sul palco del Brancaccio, che condivide fra gli altri con i figli Cristiano e Luvi. La famiglia, l’arte, la musica, le scelte del cantautore, si sovrappongono nel documentario di Cabiddu, che ricostruisce il grande amore tra De André e la Sardegna, dove il cantautore inizia a cercare casa a inizio anni ’70. Un trasferimento che sa di nuova vita, all’Agnata, nel cuore della Gallura, vicino Tempo Pausania, con la ristrutturazione, durata anni, di uno stazzo (casa padronale) con una piccola azienda agricola, nato dal desiderio di staccarsi dalla musica. Diventando via via invece un passo fondamentale per trovare nuovi stimoli: “Fabrizio capì che vivere in campagna era anche il modo per continuare a fare il cantautore” spiega nel film Dori Ghezzi, intervistata insieme ad amici come Renzo Piano e Don Salvatore Vico.
Il sacerdote, oltre ad aver battezzato Luvi, fu tra i negoziatori per la liberazione del cantautore e di Dori Ghezzi, rapiti nel 1979 dalla loro casa e liberati dopo quattro mesi. Un’esperienza che non influì in nessun modo sull’amore di De André per la Sardegna. Le testimonianze, i ricordi, i filmati e le foto familiari si fondono alle canzoni di Faber nelle versioni live eseguite, fra gli altri, da Cristiano De André e Dori Ghezzi, Morgan, Ornella Vanoni, Danilo Rea e Paolo Fresu, Gianmaria Testa, Teresa De Sio, Lella Costa, Maria Pia De Vito e Rita Marcotulli, tutti ospiti all’Agnata per il Festival Time in Jazz organizzato in collaborazione con la Fondazione De Andrè (dal 2005 al 2011). “Fabrizio de Andrè ha dimostrato per certi aspetti, di essere più sardo di tanti altri – ha spiegato Gianfranco Cabiddu – di questa terra ha colto la profondità, l’umanità della sua gente, ha condiviso la bellezza dei paesaggi, la lingua, le musiche e esperienze di vita forti”.
L’omaggio si chiude con il De Andrè performer, che vediamo nel concerto di Roma, in versione restaurata e rimasterizzata in ultra HD con audio 5.1. Un flusso di musica e brevi riflessioni, scandito da canzoni come Creuza de ma, Dolcenera, Khorakhané (cantata da Luvi), Anime Salve, A cumba, Ho visto Nina Volare, Smisurata Preghiera, Tre Madri, Il testamento di Tito, Via del campo e Il pescatore.
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