Ezio Bosso, fatto della stessa materia di cui è fatta la Musica

Ezio Bosso, fatto della stessa materia di cui è fatta la Musica


VENEZIA – “Lui aveva la capacità incredibile di comunicare – cosa che il documentario racconta -, ma anche di mettere in moto la comunicazione nelle altre persone. Ho conosciuto Ezio vent’anni fa, ad un festival di cinema: è capitato l’accompagnassi a casa, e siamo rimasti a parlare fino alle quattro del mattino, in macchina. Il giorno dopo è successa la stessa cosa. In quelle otto ore, in quelle due notti, ci siamo detti qualunque cosa: la capacità di aprire se stesso agli altri si riscontra nell’amore che ha suscitato nella sua opera e per sé, la capacità di far sentire le cose che diceva come verità fondamentali. Poi l’avevo perso di vista per un paio d’anni, e l’ho rincontrato al montaggio de Il ragazzo invisibile: non sapevo che avrei trovato un uomo che era stato colpito duramente, ma che, quando mi ha visto sbiancare, si è messo a ridere. Questo era Ezio. E quando è morto ho detto: ‘io devo raccontare questo uomo’. Questo documentario spero allungherà la vita al grande artista che Ezio è stato”, con queste parole Nicola Giuliano, produttore per Indigo Film, ha commentato il progetto del film Ezio Bosso. Le cose che restano, Fuori Concorso, scritto e diretto da Giorgio Verdelli (già autore di Paolo Conte, Via con me, 77ma Mostra del Cinema di Venezia).  

Il documentario biografico comincia e finisce con un applauso (che nella prima visione all’anteprima veneziana s’è sovrapposto a quello delle persone in sala, poi prolungato e ripeteto oltre i titoli di coda), gesto che nel film restituisce il sapore di una partecipazione ad un rito collettivo in cui il segno comune sembra far appartenere a quel momento, e che, nel caso di Ezio Bosso, pare aneli ad essere strumento per non permettere al soggetto centrale della circostanza di lasciare mai quelle sequenze di vita: il film ha il talento di restituire – spesso durante il proprio svolgimento – la sensazione di non star assistendo a qualcosa che si guarda sullo schermo, ma di abbracciare chi guarda, e dar la ricorrente sensazione di essere quantomeno sullo stesso palco, per non dire accanto a quelle mani che corrono sulla testiera del pianoforte, o nelle pieghe delle espressioni del viso come nella flessuosità del corpo, di essere ‘dentro’, una sensazione fisica molto intensa, che si suscita per la somma della pregnanza della musica, concertata con il racconto di Ezio Bosso in prima persona – con materiali che spaziano dagli Anni ’90 al 2020 -, accanto a quello di famigliari, come i fratelli Ivana e Fabio, e del nipote Tommaso, ma anche di persone di cinema, come Gabriele Salvatores, che dice di lui: “è la mia anima musicale”, e Silvio Orlando, che afferma “io sono di partenza un musicista fallito … gli ho custodito il contrabbasso per due anni”, cose che fanno scoprire essere stati personalissimi amici del Maestro. Con loro anche i ricordi di Michele Dell’Ongaro (Conservatorio S.Cecilia), di Paolo Fresu, di Enzo De Caro, tra gli altri. 

Giorgio Verdelli afferma che con questo doc abbia cercato di evocare una presenza, più che un ricordo: “Bosso, per me – come credo anche per il pubblico che andrà al cinema – è stata anche una scoperta: conoscevo parte dell’avventura umana e musicale di Ezio Bosso, ma ho scoperto altro, molto altro, anche grazie alla collaborazione della famiglia. Sia il fratello che la sorella si sono dati molto. Un grande artista non muore mai, restano le sue opere, e nel suo caso restano anche le parole, ecco perché, d’accordo con Nicola Giuliano, ho deciso di utilizzare Ezio come voce narrate, un modo irrituale, anche più difficile, perché ti costringe a non raccontare ma a tenere la verità, con supporter di lusso Salvatores e Orlando. Essendo napoletano, un pò scaramantico, quando Tommaso Bosso – una decina di giorni prima della scadenza del film – ci ha mandato questo pezzo assolutamente ineditoThe things that remain, che dà titolo al doc – che nemmeno loro conoscevano, ho deciso che il brano dovesse rientrare nel film, e abbiamo cambiato di nuovo il montaggio! Questo episodio, è come la musica di Ezio: il fatto di adeguarsi, al pubblico, all’oggetto, di cambiare, di essere in movimento, è quello che abbiamo cercato di fare”, spiega il regista. “L’immaginario contamina il quotidiano con l’aulico, alla maniera tipica di Bosso: un ragazzo di famiglia operaia diventato polistrumentista, capace di passare dalla direzione dei Carmina Burana all’arrangiamento di un brano rap come Cappotto di Legno insieme a Lucariello. Parafrasando Bosso, noi la musica classica ce la immaginiamo in smoking, ma non era così. Ecco, il film si pone l’obiettivo di raccontare con la stessa leggerezza momenti forti, che illustrano l’autoironica ed estenuante lotta di Bosso con la malattia”, continua ancora Verdelli. Così, “nel tentativo di realizzare un ritratto il più possibile completo dell’artista che trascende l’uomo, senza dimenticare le sue origini e, appunto, la sua umanità, abbiamo scavato tra i racconti di famiglia, svelando appunto anche una composizione inedita realizzata ma mai pubblicata. Di tutto questo, molto ci sarà nel film e molto non ci sarà, ma speriamo che quello che arriverà al pubblico sia autentico, come autentico e unico è stato Ezio Bosso”.  

Ezio Bosso. Le cose che restano sarà distribuito al cinema solo il 4, 5, 6 ottobre da Nexo Digital.  

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06 Settembre 2021

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