Il Presidente Napolitano firma il trattato di coproduzione con la Cina, ed un gruppo di cineasti italiani è già nelle stanze del cinema cinese, per verificare la sua effettiva applicabilità. Che sia stato il contatto con la nazione più “veloce” del momento a spingerci ad una efficienza non consueta? O non è per caso che quando un gruppo di persone competenti ed appassionate si mettono insieme i risultati sono più facili da raggiungere?
La storia. Anica attraverso un progetto pensato e realizzato da Rossella Mercurio, con il validissimo supporto di Rosetta Fortezza, insieme alla DgC del Mibac, a produttori ed autori italiani, sono da tempo sulle tracce della Cina. Ricordo il primo viaggio che facemmo, era sempre dicembre di 5 anni fa, da me stesso documentato su queste pagine. Si parlava di qualcosa che era in mente dei, forse un po’ più giù, ma che stentava a decollare. La Cina è nazione difficile, una clausola dell’accordo di coproduzione dava la parola finale sul film alla commissione cinese per l’approvazione dei film, si parlava di censura e limitazione della libertà di espressione, ma si trovò una via per realizzare film insieme. Ci sono voluti anni di commissioni parlamentari, approvazioni, dinieghi, false interpretazioni: un iter legislativo e burocratico lungo ed accidentato. Ma alcuni di noi erano lì a vigilare. Un po’ per legittimi interessi privati (fare un film in Cina, sotto l’ombrello di un accordo di coproduzione che tuteli il nostro cinema), un po’ per la voglia di mettere in pratica una delle parole più abusate e meno praticate: internazionalizzazione della nostra industria audiovisiva.
La notizia ci giunge il giorno della visita alla potente SARF, State Administration of Radio, Film and Television della Repubblica popolare Cinese. Un po’ un mega centro direzionale di cinema, audiovisivo, tv e radio che detta regole per tutto il paese e ne controlla l’attuazione. Delegazioni ai massimi livelli, presidenti e direttori generali. E da parte italiana, oltre alla nostra delegazione (Conchita Airoldi, Sandro Silvestri, Ignazio Agosta, Alessandro Pondi, Paolo Logli, Cristiano Bortone, Rossella Mercurio e Rosetta Fortezza, e il vostro cronista), la nuova direttrice dell’Istituto Italiano di Cultura, dott.ssa Stefania Stafutti, il dott. Antonelli dell’Ambasciata italiana, il dott. Condemi dell’ICE. Quello che con la consueta parolaccia si potrebbe dire “fare squadra”. Tutti decisi a non lasciare il trattato sulla carta. E anzi, attendendo che il documento giunga nella stanze della SARF, cerchiamo di delinearne i modi di attuazione.
Apprendiamo che in Cina si fanno circa 550 film all’anno, di cui 110 vengono distribuiti solo in televisione, 200 circa nelle sale cinematografiche e gli altri su internet. Ci sono 12mila schermi di cui l’80% con il 3D e la previsione è che nel 2015 gli schermi arriveranno a 20mila. Il costo medio di un film è intorno ai 4/5 milioni di euro ma l’oscillazione è da 500mila a 20 milioni di euro; nei film investono le compagnie istituzionali, gli studi di produzione sia delle televisioni regionali che di altri organismi. Esiste comunque un importante canale di finanziamento produttivo, costituito soprattutto da fondi di investimento immobiliari e delle banche.
Si possono importare soltanto 34 film stranieri all’anno, e la maggior parte, manco a dirlo, sono targati USA. L’Italia ha visto distribuiti 30 film dagli anni ’90. E’ per questo che, invece di attendere di passare la frontiera con film già fatti, si vorrebbe coprodurli.
Grandi disponibilità e grande attenzione. Come verificherò in seguito, i vari soggetti più o meno pubblici, più o meno privati (Cina comunista in transito verso altre frontiere), già conoscono le leggi sul tax credit del nostro paese e c’è tanta voglia di sperimentarle.
Noi autori presenti poniamo da subito il tema che ci sembra principale. Dobbiamo capire che storie scrivere e dirigere per poter passare poi alle architetture finanziarie. In questo gli interlocutori “comunisti” non ci sembrano distanti dai nostri “padroni” italiani ed europei. Prima i budget e i PNI e poi le storie, come se l’industria potesse fare a meno della creatività.
Anche con una proficua riunione alla prestigiosa Beijing Film Academy, la scuola di cinema che ha sfornato le generazioni più prestigiose di registi cinesi (da Zhang Yimou in poi), si stabilisce un programma futuro di scambi di idee e autori, seminari da realizzare in due importanti festival, uno in Italia e uno in Cina, scambi di studenti e docenti. Per intanto vinciamo noi. Cristiano Bortone, che nel frattempo ha rispolverato i suoi studi di cinese, terrà ad aprile un corso di sistemi produttivi italiani ed europei presso la prestigiosa accademia. In cinese, ovviamente…
Tentiamo di chiedere la reciprocità con i Festival. Noi abbiamo Muller che predilige i film cinesi, vogliamo fortemente un direttore per esempio del Beijing Film Festival che prediliga film italiani. Muller indossa la giacca mandarina, noi siamo pronti ad offrire sartorie italiane… Sarà più difficile, ma ci riusciremo. Per intanto, l’Anica si occuperà di organizzare con loro dei forum sulle coproduzioni al festival di Beijing in aprile, e metterà in rete con gli omologhi cinesi dati e numeri.
L’esperienza più bella è la visita all’August First Film Studio, quelli che furono (ed in parte sono) gli studi dell’Armata Rossa. Siamo accolti da cineasti in divisa, passiamo picchetti d’onore che ci fanno il saluto militare… Il capo della delegazione, divisa verde d’ordinanza e svariate striscioline sulle spalline, ci dicono essere l’attore comico più importante e amato in Cina, ma non per questo perde la sua autorevolezza. Io personalmente sono affascinato da un tecnico del suono che sta missando un complesso documentario sulle truppe cinesi… in divisa. Rifletto: in fondo un regista è un generale mancato, e poter dirigere gente in divisa, abituata ad eseguire ordini, è il nostro sogno più grande. D’ora in poi, alla FonoRoma, pretenderò soltanto tenenti colonnelli!
Le richieste sono (che si passino la parola???) soprattutto di commedie. Quelle per cui siamo famosi anche qui, e che fanno cassetta lì. Io, davanti ad un consesso del China Film Group composto soltanto da donne, tutte alte dirigenti, mi arrischio a dire che loro tradizione e nostra capacità è anche per esempio raccontare storie di emancipazione delle donne, su cui la generazione di Zhang Yimou e Lou MiaoMiao (regista cinese compagna di corso del maestro) si sono fatti conoscere all’estero. L’assenso è scontato, caloroso e sentito. E io potrò difendere più facilmente la storia che sto tentando di realizzare.
Scritta dallo sceneggiatore di Lanterne rosse, il professor Ni Zhen che ha insegnato cinema ai maestri di oggi, non è propriamente una commedia, ma una grande storia d’amore ambientata all’inizio del ‘900. Riusciamo in due ore, sull’onda dell’interesse del trattato, ad ottenere una lettera di interesse del potente CCTV6, equivalente della HBO americana, canale di solo cinema cinese che sperimenterà per la prima volta una coproduzione. Certo, il potente e giovanissimo funzionario, indica quelli che per lui sono i temi forti da introdurre nella storia: rapporto con gli animali, e scene di Kung Fu. Per chi come me ha sempre odiato Bruce Lee, è la vittoria della nemesi storica. Ma la mia produttrice Conchita Airoldi si sente di sottoscrivere il mio impegno a “citare” scene di lotte marziali.
In conclusione: bottino importante. Riassumiamolo. CCTV coproduce Everlasting Moments con la Urania Pictures, scritto da Ni Zhen e diretto da me, il progetto Hibiscus di Paolo Logli e Alessandro Pondi vedrà la collaborazione della EMME di Sandro Silvestri e del colosso televisivo Tianjin TV, il regista e produttore Cristiano Bortone insegnerà alla Beijing Film Academy meccanismi di produzione europei, il regista Ignazio Agosta con il documentario China loves Italy parlerà della presenza di industrie italiane in Cina. Il tutto con il supporto della nostra Ambasciata, di vecchi amici ritrovati con lo stesso affetto di quando erano in Italia, e di nuovi sostenitori della nostra espansione in un mercato nuovo ed interessante.
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