Eva Truffaut: “Il mio Cocteau gay e proibito”


TORINO – Presidente della giuria del Premio Cult, riservato al cinema internazionale della realtà con 11 opere inedite in Italia, Eva Truffaut è quello che si dice un’artista totale: fotografa, cineasta, spesso attrice, in passato giornalista e stilista. In più la figlia di Francois Truffaut e Madeleine Morgenstern ha portato qui al Torino Film Festival un lavoro proibito, EA 3 di Vincent Dieutre, autore e documentarista con cui collabora da molti anni. Si tratta di una versione gay della Voce umana di Jean Cocteau bloccato in Francia per una questione di diritti. Eva parla benissimo italiano, ha vissuto a Prato quando lavorava nel campo dei tessuti e ha collaborato con l’edizione italiana di “Elle” per un breve periodo, collaborazione conclusa dall’editore che non apprezzava la sua propensione per gli stilisti underground a danno delle grosse firme.
 

Lei è un’artista davvero poliedrica, c’è qualche attività in cui si riconosce più che in altre?

Mi disturba dover scegliere, specializzarmi. Sono una persona che ha bisogno di lavorare tantissimo, ma da dilettante, e uso questa parola nel senso che mi piace lavorare con diletto, cioè con gioia e per il puro gusto di farlo.

 

Cosa cerca nei film che vedrà qui al festival insieme agli altri giurati, John Siegel e Carlo Antonelli?
Che siano documentari o no, voglio sentire lo sguardo di un autore, cioè di qualcuno che abbia un senso acuto della contemporaneità e una scrittura unica. Non voglio che mi ricordi qualcun altro già visto. Insomma è la politique des auteurs che continua a lavorare sottotraccia dopo tanti anni. Sono sensibile alla generazione che non erige frontiere tra l’arte contemporanea, il cinema classico e gli altri formati anche televisivi. Per quello che ho visto finora, posso dire che Davide Oberto ha fatto delle scelte veramente stimolanti.

 

Com’è nata la collaborazione con Vincent Dieutre?

Era un amico d’infanzia che ho ritrovato quando ha realizzato Rome désolée, come borsista a Villa Medici. Da allora abbiamo lavorato insieme, per esempio in Bologna Centrale, del 2003, io sono la voce. Abbiamo anche creato una piccola struttura produttiva per poter fare film senza soldi, liberamente.

 

Insieme avete realizzato anche “EA3”. In che senso lo definisce un film proibito?

E’ un libero adattamento della Voce umana di Jean Cocteau: Pierre Bergé, l’ex compagno e manager di Yves Saint Laurent, che detiene i diritti, ha deciso di non cederli a noi, perché non vuole un uomo al posto della donna protagonista. Ma noi crediamo che sia un testo estremamente attuale, oggi che le storie d’amore si fanno e si disfano al portatile. L’attore che lo interpreta è incredibile per bravura, fragilità e verità. Certo, è un’altra versione rispetto a quelle splendide di Madeleine Robinson e Anna Magnani. Ma abbiamo solo volto il testo al maschile ed è strano che Bergé non sia d’accordo, perché tra l’altro è un gay militante, impegnato anche nella lotta contro l’Aids. Oggi il film è clandestino, si può proiettare solo a titolo gratuito ma Bergé ha sempre rifutato di vederlo anche se ha il dvd sulla scrivania.

Cosa le sembra interessante nel cinema italiano di oggi?

Alina Marazzi mi piace tantissimo. Ero in giuria al Festival di Locarno quando lei ha presentato Un’ora sola ti vorrei e mi sono battuta perché avesse almeno una menzione. Mi interessano anche Francesca Archibugi e Daniele Gaglianone. Purtroppo i film italiani non arrivano molto in Francia. I francesi sanno a memoria le battute di Nanni Moretti e Fellini, ma si fermano lì.

E sulla scena internazionale?

Amo tutto il cinema asiatico: Xia Zhangke, Tsai Ming Liang, Edward Yang, Wang Bing. Tra i francesi Jean-Paul Civeyrac e Pierre Léon, per loro sono disposta a lavorare anche gratis.

Si sente affine a suo padre?

Faccio film di 5′ in super8 e in bianco e nero. Mi sento più vicina a Jonas Mekas. E poi io non ho talento per scrivere le storie, non ho immaginazione.

 

Perché le sue foto sono spesso sfocate?

Perché sono miope e quando fotografo non uso gli occhiali. Non ho fatto una scuola di fotografia, ma i miei maestri sono Sarah Moon e Paolo Roversi.

autore
29 Novembre 2010

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