CANNES – Quello tra Ettore Scola e la Francia è stato un legame profondo e fertile. Un legame che ancora oggi resta vivo e, per questo motivo, in occasione dei quarant’ anni dal Prix de la mise en scène ottenuto per Brutti, Sporchi e Cattivi (1976), nel corso della 69ª edizione del Festival di Cannes, Fondazione Cinema per Roma e Show Eventi Arte hanno deciso di promuovere presso l’Italian Pavilion dell’Hotel Majestic uno speciale evento dedicato al rapporto tra il regista e la terra d’Oltralpe.
All’incontro hanno partecipato la moglie del maestro Gigliola Fantoni, la figlia Silvia Scola e Piera Detassis, Presidente della Fondazione Cinema per Roma. L’incontro è anche e soprattutto l’occasione per parlare con i curatori Marco Dionisi e Nevio De Pascalis della mostra “Piacere, Ettore Scola”, presentata a Roma pochi giorni fa, che si terrà nella Capitale dal 16 settembre al 23 ottobre al Museo Carlo Bilotti. “Ci siamo proposti ma non imposti – dicono i due curatori – ma Ettore teneva sempre un basso profilo. Diceva: ‘una mostra, su di me? Ma a chi potrebbe interessare?’. Abbiamo pensato di chiamarla in molti modi ma alla fine abbiamo scelto la prima frase che ci ha detto quando si è presentato, la più semplice possibile. Abbiamo aperto i suoi cassetti, sono uscite cose che non si ricordava di aver fatto. Anche questo gli piaceva molto. Approfondiamo tutti gli aspetti di questo grande personaggio: non solo regista ma anche umorista, vignettista per il MarcAurelio, sceneggiatore, produttore, politicamente impegnato. Alla mostra è legato un libro a cui stiamo lavorando e per cui abbiamo chiesto interventi anche di esponenti del mondo della cultura che ci potessero aiutare, Staino per l’umorismo, Napolitano per la parte relativa alla politica, pensiamo ad esempio al suo coinvolgimento nel Governo Ombra come ministro della cultura. Nella mostra troveranno spazio sia una parte biografica che una tematica. Ci saranno oggetti di scena, sceneggiature originali e vari cimeli”.
Come la nomina a ‘commandeur’ della Legione d’onore, che viene mostrata anche all’incontro, e che gli fu conferita dall’Ambasciatore Francese nel maggio del 2001. “Non amava granché essere glorificato – dice Gigliola Fantoni – forse perché era timido. Diceva sempre ‘ma perché a me?’. Anche per questo faceva fatica a stare dietro ai giornalisti, non amava ripetere tante volte le stesse cose. E allora sembrava antipatico, e a volte la critica gli rendeva pan per focaccia, come quando stroncarono Brutti, sporchi e cattivi che però poi vinse il premio per la regia proprio qui a Cannes. Non che lo odiassero, aveva molti amici tra i giornalisti ma c’era sempre questo rapporto burrascoso. Anche se è stato commovente vedere la Repubblica titolare ‘Ti abbiamo tanto amato’ quando purtroppo ci ha lasciati. In Francia però si sentiva a suo agio, forse perché sentiva che non c’era piaggeria nell’apprezzamento dei francesi. Una volta è partito dimenticandosi il passaporto. Appena è sbarcato a Parigi tutti lo hanno riconosciuto e salutato e nemmeno gli hanno chiesto i documenti”.
“Le interviste che ha rilasciato per la Francia – dice Silvia – sono le più spontanee. Amava molto i suoi film di ambientazione francese, come Ballando Ballando e Capitan Fracassa ma anche quelli un po’ più sfortunati. Ci faceva leggere le sceneggiature, voleva che potessero capirle anche dei bambini. Avere lui come padre ha significato avere un rapporto stretto con grandi personaggi come Age, Scarpelli, Monicelli, Amidei. Papà vedeva tutto tramite la lente dell’ironia. Era tagliente, a volte ci stroncava ma sempre con l’idea di fortificarci e farci crescere”.
Prevista inoltre sabato, alle ore 21.30, una proiezione in anteprima mondiale di C’eravamo tanto amati in edizione restaurata, curata dalla Cineteca Nazionale in collaborazione con Studio Canal. Dice Stefano Rulli, presidente del Centro Sperimentale di Cinematografia: “Tanti anni fa la mia profonda ammirazione perC’eravamo tanto amati si tradusse nel tentativo di rinnovare quel suo sogno resistenziale di un’Italia diversa in quello non meno perdente legato all’utopia del ’68 de La meglio gioventù. Oggi con il restauro curato dalla Cineteca Nazionale mi piace testimoniare il mio amore per questo film preservando la sua ‘fisicità’ e restituendo ad esso, attraverso un restauro spero all’altezza, tutto il fascino di quel mondo e dei suoi colori”.
“Centrale nell’opera di restauro è stato il principio di rispettare al massimo il continuo ed armonico fraseggio tra bianco e nero e colore”, precisa il celebre direttore della fotografia Luciano Tovoli, stretto collaboratore di Scola. “Vinte le infinite tentazioni e facilità che offre il mezzo digitale ed analizzando il film dall’interno, ho cercato di valorizzare gli innumerevoli elementi narrativi che l’autore ed il suo cinematographer Claudio Cirillo hanno profuso a piene mani in tutte le inquadrature del film con una generosità che solo i grandi talenti possono permettersi.”
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