Ennio Morricone: le mie note per il Marc’Aurelio


La musica di Ennio Morricone sarà la colonna sonora del Marc’Aurelio d’oro. È affidato al grande compositore, Oscar alla carriera, il concerto che sabato chiuderà la seconda edizione della Festa, alle 11,30 nella Sala Santa Cecilia dell’Auditorium. In programma le musiche di Mission e la partitura Sicilo e altri frammenti, ispirata a una delle prime notazioni musicali della storia. Ma il maestro dirigerà l’orchestra dell’Accademia di Santa Cecilia in altri quattro concerti in questa stagione, già vicini al tutto esaurito, portando a Roma anche un’altra sua recente composizione, Voci dal silenzio, scritta sull’onda emotiva dell’11 settembre e dedicata a tutte le vittime delle stragi in qualsiasi angolo del mondo. “Il concerto di chiusura della Festa, sinceramente, è quello che mi preoccupa di meno: ho scelto musiche che la gente può capire con facilità, musica per il cinema, oltre a Sicilo, costruito su un intervallo di quinta come molti temi del western”. Poi una battuta sulla kermesse del cinema: “Sono romano e sento che Roma ha tutto il diritto di organizzare una festa del cinema, che per pudore non chiama festival”. Canticchia, racconta aneddoti e scherza, lasciandosi andare alla rievocazione dei momenti più straordinari della sua carriera: 400 partiture per il cinema che spaziano tra i generi e un monito: “Non considerate la musica da cinema come musica di seconda mano”.

“Mission” rappresenta la sua seconda nomination all’Oscar e una delle sue opere più amate ed eseguite.
Non è certo una musica casuale, ma nasce da una riflessione sull’argomento del film, i padri gesuiti che andavano in America a evangelizzare gli Indios. Ecco dunque che sono partito da musiche dell’epoca del Concilio di Trento, Palestrina ad esempio. Poi ho sfruttato l’immagine di Jeremy Irons che suonava l’oboe, e suonava muovendo le dita a caso. Infine ho ripreso la musica etnica, che non conoscevo per niente e che ho inventato. Ho scritto dunque un mottetto palestriniano, un tema dell’oboe e un tema etnico, intrecciandoli in vario modo come in una rappresentazione acustica della Trinità.

Come nasce invece “Voci dal silenzio”?
Stavo lavorando al film di Liliana Cavani, Il gioco di Ripley e ho visto in diretta l’attentato alle Twin Towers. Ma scrivendo una musica per le vittime mi è sembrato giusto ricordare anche tutte le altre stragi della storia, perché mentre la vicenda di New York era molto presente in tv e sui giornali, c’erano tante altre carneficine di cui i media non si rendevano conto. Così nel pezzo ci sono eventi sonori che fanno capire come questa dedica non sia una cosa astratta: cori da tutto il mondo, dal Sudafrica, dall’America del Sud, dal Medio Oriente. Sono voci che arrivano quasi dall’aldilà.

Per molti il suo legame con Sergio Leone resta indissolubile.
Eravamo compagni di scuola e amici e la collaborazione con lui ha segnato l’inizio della mia carriera. Quando lavoravo a Per un pugno di dollari ed ero abbastanza agli inizi mi aveva chiesto di inserire nella colonna sonora il tema di Tiomkin da Per un dollaro d’onore. Io gli dissi che non accettavo di usare le musiche di un altro e lui mi disse: allora, fai l’imitazione. Decisi di fregarlo: presi un pezzo che avevo scritto per i Drammi marini di Eugene O’Neill, una ninna nanna, che poi non avevo usato e la feci eseguire alla tromba con gli accenti di Tiomkin. Anni dopo gli rivelai il segreto e lui mi disse: “Bene, fammi sentire sempre gli scarti degli altri registi”.

Come nacque l’idea di coinvolgere Joan Baez in “Sacco e Vanzetti”?
Non è un’idea mia, perché Joan Baez costava molto e non potevo permettermela. Lo decise il produttore e Giuliano Montaldo accettò. Ho scritto la “Ballata” e “Here’s to you” e ho incontrato Joan Baez a Saint Tropez per fargliele ascoltare, lei ha scritto le parole e ci siamo rivisti a Ferragosto per registrare, senza l’orchestra ma con una base di piano e batteria. La sua voce non mi convinceva, aveva una certa carenza di intonazione, ma la tecnica in sala di missaggio ha fatto miracoli.

Che ricordo ha di Gillo Pontecorvo?
Mi chiamò perché aveva visto Per qualche dollaro in più e voleva me per le musiche della Battaglia di Algeri. Il nostro è diventato ben presto un vero rapporto di amicizia e ho fatto tre film suoi. Con La battaglia, in teoria doveva essere coautore delle musiche: lui fischiava dei temi in un registratore Geloso e io gli dicevo ‘fa schifo’. Un giorno fischiettava salendo le scale per venire da me e io scrissi tutto e poi gliela suonai al piano lasciandolo veramente di stucco. ‘Ormai condividiamo tutto – mi disse – facciamo persino i temi identici. Ma il tuo non mi piace e neanche il mio’.

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25 Ottobre 2007

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