“La musica per film non è paragonabile, come disse Stravinskji, a ‘un’orchestrina del caffè concerto che non disturbi il locale’. La musica del film est. E sta per energia, s come spazio verso l’ascoltatore, t come temporalità cioè la durata dell’elemento musicale. Quest’ultimo in comune con il film”. Ennio Morricone, compositore negli ultimi 40 anni per il cinema italiano e straniero, dà la sua definizione di colonna sonora. Lo fa nella sua “lectio doctoralis”, tenuta all’Università Tor Vergata, prima del placet dal senato accademico della facoltà di Lettere e filosofia alla “laurea ad honorem” in discipline delle arti musica e spettacolo. E dedica la sua terza laurea (le altre due ricevute dalle Università di Cagliari e Madrid) a sua moglie Maria. “Per avermi accettato”, dice commosso.
Non era previsto che Morricone parlasse. Per l’occasione aveva composto “Se questo è un uomo”, brano musicale su testo di Primo Levi diretto da Andrea Morricone ed eseguito dall’Orchestra Roma Sinfonietta (voce recitante di Mariano Regillo e soprano Susanna Rigacci). Ma alla fine ha parlato e lo ha fatto con la foga e la commozione di un uomo che ha sempre cercato di dare alla musica per film una sua dignità artistica.
Nel modo particolare come lui ha saputo fare, coniugando la cosiddetta musica “colta” e quella d’avanguardia, insieme al pop, il rock e tanti altri generi musicali. Conciliando la scrittura di un canto tonale con la seconda scuola viennese (i maestri della dodecafonia Schönberg, Webern e Berg), “trasponendo – come lui stesso ha affermato – tecniche compositive di stile aleatorio (quell’estetica dell’improvvisazione di cui si appropria il gruppo di Nuova Consonanza a metà degli anni ’60 e del quale fa parte Morricone insieme a Luciano Berio e Luigi Nono) in composizioni di impianto tonale”.
E’ noto come Ennio Morricone, candidato cinque volte al Premio Oscar, abbia lavorato: “Registrando i pezzi principali prima che il film fosse girato o montato” come spiega in “Comporre per il cinema”, scritto insieme a Sergio Miceli. Un metodo che permette “l’utile innamoramento da parte del regista… di una situazione musicale, perché il fatto di ascoltarla più volte e capirla… e cantarsela anche mentre dorme fa in modo che, poi… lui tenga conto dei respiri della musica, delle piccole pause, trovando addirittura nel montaggio degli strani sincroni ai quali il compositore stesso non avrebbe assolutamente potuto pensare”.
Maestro, proprio lei che ha composto colonne sonore, afferma che il cinema può fare a meno della sua musica?
Sì. Il cinema non ha bisogno della musica. Ho visto tanti film meravigliosi senza colonne sonore. La musica per film è una sorgente esterna astratta ma, se si decide di metterla, bisogna avere rispetto per essa. Le altre sorgenti sonore devono darle spazio. Quello che succedeva nei film di Sergio Leone.
Solo così ha senso?
Sì, devono essere tolti i suoni estranei. Le mie composizioni entrano nel film sempre con un pedale basso, in modo da annunciare la loro presenza. Così dico allo spettatore ‘attento che entriamo’… La colonna sonora non deve entrare in modo perentorio.
Molti compositori per colonne sonore non lo fanno?
Il rapporto con la committenza è difficile. Io stesso sono soddisfatto solo per il 5% dei film. Ho raccolto quelle composizioni che ritenevo di poter far vivere separate dal film e lo ho pubblicate pagando di tasca mia. La condizione era quella di non vendere i cd e quindi li regalo.
Il regista, quando collabora con il compositore, deve accettare rischi molto alti, il che lo porta spesso a complicarsi la vita con il pubblico. Ci vuole immaginazione e comprensione.
Ultimamente ha composto le musiche per “Senso 45″ di Tinto Brass, “La ragion pura” di Silvano Agosti e “Aida degli alberi” di Guido Manuli, tutti registi italiani. Tornerà a lavorare per gli americani?
Comporrò due minuti e mezzo di musica per Kill Bill di Quentin Tarantino. Ho accettato solo perché erano pochi minuti. Il resto del film si compone di musica non originale.
Cosa direbbe a un compositore alle prime armi?
Di continuare a studiare e, se pensa di comporre musica con il sintetizzatore, di iscriversi al Conservatorio.
Con MaXXXine, in sala con Lucky Red, Ti West conclude la trilogia iniziata con X: A Sexy Horror Story e proseguita con Pearl, confermandosi una delle voci più originali del cinema di genere dell’era Covid e post-Covid
Dove nessuno guarda. Il caso Elisa Claps - La serie ripercorre in 4 episodi una delle più incredibili storie di cronaca italiane: il 13 e 14 novembre su Sky TG24, Sky Crime e Sky Documentaries.
Codice Carla mostra come Carla Fracci (1936-2021) fosse molto più di una ballerina famosa.
Il disegnatore, illustratore e docente presso la Scuola Romana dei Fumetti ci racconta come ha lavorato sugli storyboard dell'ultimo successo di Gabriele Mainetti