VENEZIA – Torna in Concorso alla Mostra Emma Dante, a sette anni da Via Castellana Bandiera che fece vincere ad Elena Cotta una meritatissima Coppa Volpi, con Le sorelle Macaluso tratto dalla sua omonima pièce teatrale che ha ricevuto il Premio Ubu per il miglior spettacolo e la miglior regia. Un film viscerale, materico, intenso, che si avvinghia al cuore con sentimenti primordiali, mentre segue le vite e i legami di cinque sorelle, nelle diverse fasi della loro esistenza, dall’infanzia all’età adulta alla vecchiaia. Crescendo cambiano e diventano come i pezzi di un servizio buono usato e andato in frantumi, ai cui cocci incollati manca sempre un piccolo spazio vuoto, come pure quel buco nel muro rimasto lì a segnare il dolore come una ferita sempre aperta. Quel pezzettino mancante è dapprima la sorella minore, Antonella, morta da piccola in un incidente, che prosegue ad abitare la casa e le vite di tutti. Assenza più presente di ogni cosa, che si riflette di continuo nei gesti ripetuti nel tempo delle sorelle. E mentre i corpi cambiano, scavati e solcati dalle linee della vita, tocca a un’altra sorella morire, Maria, consumata dal cancro e da una vita che non ha saputo divorare e digerire, per restare anche lei nella casa ad accompagnare, immutata, il mutare delle sorelle.
Un film che parla di sorellanza, “una parola che mi fa tornare bambina, che mi fa pensare che le donne possono essere solidali e felici se un’altra ha successo, che mi porta alla mente guerriere che lottano insieme per una conquista. Mi fa pensare all’amore, al legame, alla forza di quando si è insieme che è più vigorosa di quando si è soli”, sottolinea la regista che, intervenendo sulle polemiche per l’assenza di ospiti femminili al Festival della Bellezza di Verona, commenta: “Quello che è successo al Festival della Bellezza è una cosa anomala, inquietante, da analizzare in una seduta psicanalitica”.
Rispetto, poi, alle differenze con la versione che è in tournée teatrale da diversi anni: “Lì la famiglia in scena è un po’ più allargata, le sorelle sono sette, ci sono anche i genitori e il figlio di una di loro, ma non c’è la casa, al suo posto un palcoscenico vuoto. Ma dopo averle frequentate per così tanto tempo, ho pensato che un film potesse aiutarmi a dar loro una casa, per raccontare il corpo dentro il quale abitano. Perché la casa è come un corpo che assorbe e tiene custodito tutto ciò che viviamo. La casa è una specie di luogo magico in cui si torna sempre, si può uscire ma poi si ritorna, proprio come la colombaia che è il luogo dove il colombo nasce e ritorna per tutta la vita”.
Ad interpretare le cinque sorelle nelle diverse fasi della loro esistenza, attrici differenti: “Non volevo usare il trucco per invecchiare in scena le persone, mi sembrava un peccato mortale – spiega la regista – Ho cercato di rendere protagonista il tempo che, come un grande chirurgo plastico, deforma e decide come manipolare i corpi. Non è la stessa attrice che interpreta il personaggio perché il personaggio cambia nel corso di una vita. Spero che il pubblico entri nel gioco della non somiglianza fisica, ma della riconoscibilità di quei piccoli gesti che si fanno e ripetono uguali negli anni, come il preparare il caffè o passarsi il rossetto nella stessa identica maniera per tutta la vita”.
Il film, infatti, non parla di fantasmi, ma di presenze che restano e che non se ne sono mai andate, a prescindere dalla morte fisica, proprio come non se ne vanno gli oggetti d’arredo. L’appartamento, come un organismo vivente, porta i segni del tempo che passa. Gli oggetti della casa resistono nonostante l’usura, restano e sopravvivono anche alle loro custodi che continuano a toccarli allo stesso modo, senza ripararli né sostituirli: la maniglia della finestra che con gli anni si stacca, la vasca che si sbecca, la mattonella che si solca. Muoiono solo nel momento in cui vengono portati via, lasciando il loro alone sepolcrale sui muri della casa ormai scarnificata. “Dall’inizio alla fine della storia, la casa è piena di oggetti ottusamente resistenti; oggetti costruiti dai morti e appartenuti ai morti, che probabilmente sopravvivono ai vivi. Come il lampadario, il tavolo, il letto matrimoniale, la finestra, anche le sorelle Macaluso sono ottusamente resistenti. Finché c’è la casa, permane la presenza delle sorelle. In un luogo in cui non si riesce a metabolizzare la morte, non si riesce a trovare il modo di farne qualcosa, non si sa dove collocarla; come se a prevalere, in quella casa, fosse appunto una distrazione strategica, un dimenticarsi di, un non avvedersi di che cosa andrebbe fatto. Le sorelle Macaluso è un film sul tempo. Sulla memoria. Sulle cose che durano. Sulle persone che restano anche dopo la morte”.
Le sorelle Macaluso, in sala con Teodora Film dal 10 settembre, è prodotto da e Minimum Fax Media con Rai Cinema, e interpretato da Donatella Finocchiaro, Alissa Maria Orlando, Susanna Piraino, Anita Pomario, Eleonora De Luca, Viola Pusateri, Serena Barone, Simona Malato, Laura Giordani, Maria Rosaria Alati, Rosalba Bologna, Ileana Rigano.
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